Il sorriso di Anna Filomena Barretta non c’è più. La sua allegria contagiosa, la sua voglia di riscatto, i suoi sogni sono stati spazzati via da una pallottola conficcata nella nuca. Ad ammazzarla il marito Angelo Lavarra, guardia giurata di 43 anni, che l’avrebbe freddata con la sua pistola calibro 9×21 nella loro cucina a Marano Vicentino, per poi inscenare il suicidio, recintando anche la parte del vedovo affranto: “La amavo, cosa farò senza di lei?”.

Su di lui la magistratura, per ora, non ha dubbi. Il gip ha convalidato l’arresto dell’uomo che, da giovedì scorso, si trova in carcere a Vicenza con l’accusa di omicidio. “Anna non si sarebbe mai tolta la vita, è stata la prima cosa che ho pensato quando mi hanno detto che era morta”.

Chi la conosceva bene, condividendo con lei i turni alle casse del Carrefour di Thiene, non ha mai creduto alla storia del suicidio inventata ad hoc da Angelo Lavarra. Una ricostruzione che ancora l’uomo sostiene, dietro le sbarre della cella, alla quale però  gli investigatori non hanno creduto, lavorando giorno dopo giorno per fare luce sul delitto di Marano.
Anna non tornerà più a sorridere, perché la sua vita è stata spezzata nei pochi metri quadri dell’appartamento , dal quale voleva andarsene. Voleva lasciare quel marito violento, che per due volte l’aveva fatta finire in ospedale  e tornare a vivere una vita propria. Un uomo che fino a qualche anno fa le controllava anche le telefonate che faceva da casa. “Non era da tanto che lei aveva il telefonino  – racconta ancora la collega – E prima, quindi, se voleva chiamare un’amica in tranquillità, e senza che lui stesse nei paraggi ad ascoltare, doveva aspettare la sera quando lui usciva per  montare in servizio”.

 “A Natale tutti assieme”
Controllo e violenza, la forza anche psicologica e manipolatrice usata dal marito verso di lei che, stufa di subire, l’aveva portata a 42 anni a decidere di lasciarlo. Ci stava provando, trovandosi quel piccolo appartamento dove ricostruirsi una vita, pur coi mille dubbi che assalgono ogni donna che decide di camminare coi propri piedi dopo una vita di matrimonio.  Tutto ciò, a quanto pare, senza dimenticare il progetto di vita che aveva in comune con quello che sarebbe diventato il suo carnefice. Col pensiero per le due figlie “che adorava sopra ogni cosa – ricorda una collega di lavoro -Ogni volta che parlava di loro le si illuminava il volto: erano il suo orgoglio e la sua voce diventava ancora più dolce quando le nominava. Questa era Anna: una persona buona e di quelle che si sacrificano per dare una mano”. Una che se vedeva una collega in difficoltà cercava di trovare la soluzione: “Capitava spesso che lei si proponesse a fare il turno di un’altra e si era già resa disponibile a lavorare per le feste di Natale, dando la possibilità ad altre di starsene qualche ora in famiglia”.
Ma non voleva fare mancare la gioia del Natale nemmeno alle proprie figlie: “Aveva deciso di passarlo assieme a loro due ed al marito Angelo  -confida questa sua collega – Come fossero una famiglia, tutti assieme”. La stessa cosa era successa due giorni prima della sua morte, andando tutti assieme al ristorante per festeggiare il compleanno di  quello che, dopo solo quarantotto ore, sarebbe diventato il suo assassino.

 

‘Esisto anche io’
Di bei progetti in testa ne aveva molti Anna Filomena. Uno su tutti riscoprire se stessa, cercando di fare capire ‘ci sono anche io’, così la pensa la collega. “Aveva l’intenzione di iscriversi anche in palestra e stava già programmando dove passare il Capodanno – continua- Ed era sempre attenta al suo aspetto. Le piaceva farsi trovare in ordine, anche col filo di rossetto che  sottolineava ancora di più il suo splendido sorriso. Perché Anna era una che aveva una voglia immensa di vivere”.
Dolce, spiritosa ma riservata Anna. Così la ricorda la collega. “Una donna che teneva per sé le proprie preoccupazioni, che poco si sbottonava. Ma quando poco tempo fa le chiesi come stesse andando con la separazione mi rispose “bene dai” – continua – Sono rimasta scioccata quando mi hanno detto che era morta e che si sarebbe suicidata.  Era impossibile, non ci ho mai creduto fin dall’inizio”.

Una decisione, quella della separazione, arrivata sul finire dell’estate. Dopo anni passati soggiogata, questo il quadro che emerge, da un marito che non lesinava a mollarle un pugno in viso per renderle chiaro il concetto. Anna a tutto questo aveva deciso di dire ‘basta’.
“Se avesse parlato, se solo avesse fatto almeno un piccolo cenno di quello che viveva”,  è il cruccio non solo di questa  collega, ma delle tante persone che restavano quasi incantate dal quadretto familiare che la coppia mostrava di fuori.
“Invece era così estremamente riservata nelle sue cose intime, come se i panni sporchi lei se li doveva lavare solo in casa”. Che lo facesse per orgoglio o per non svilire la figura del padre delle sue due figlie, Anna Filomena Barretta aveva deciso di fare da sé. Non raccontare troppo di quel marito violento, mitigando tutto con un sorriso a chi le chiedeva “tutto bene?”, se notava un’ombra sul suo volto.
Ci stava provando a riprendersi in mano la propria vita, lasciando quel marito che decideva su tutto. Decidendo anche che Anna, senza di lui, non sarebbe andata da nessuna parte.

Paola Viero

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