Questa mattina  a Gambellara la decisiva riunione di oltre 10mila azionisti della Banca Popolare di Vicenza, che dovrà dare l’ok al piano di quotazione in borsa e ricapitalizzazione della banca, linea intrapresa dal nuovo direttivo targato Iorio-Dolcetta. Sembra un’organizzazione da stadio con spiegamento di forze dell’ordine e un fiume umano, tra soci arrabbiati e associazioni di consumatori. A riscaldare gli animi, lo scoop  de L’Espresso. Secondo la nota e prestigiosa rivista, investitori di BPVI, personaggi del calibro di Renzo Rosso e Giuseppe Stefanel, hanno avuto l’ok dalla banca alla vendita del proprio pacchetto azionario prima dello scandalo, diritto che invece fu negato ai piccoli risparmiatori. Due pesi e due misure in sostanza. La notizia si è diffusa a macchia d’olio, alimentando la rabbia e la frustrazione di chi è disperato nel sapere che fine faranno i propri risparmi di una vita.

Come riporta infatti l’articolo a firma di Vittorio Malaguti,una pattuglia di soci, nomi importanti, investitori milionari, sarebbero riusciti a disfarsi del loro pacchetto di azioni poco prima che la banca presieduta da Gianni Zonin si avvitasse in una spirale di perdite e polemiche. E’ il caso di due leader mondiali nel settore abbigliamento come Renzo Rosso e Giuseppe Stefanel, che sono riusciti a sganciare rispettivamente un pacchetto da 3,2 e da un milione di euro. Questo riporta l’Espresso, che non è certamente il Corriere dei Piccoli. Beneficiari di questa scialuppa di emergenza anche la banca romana IBL, la holding Nevada ed altri nomi illustri dell’imprenditoria veneta come la famiglia Merovach, i fratelli Gianbattista e Giancarlo Dallicani, la famiglia Morato, Lino Diquigiovanni. Da segnalare che tutto il monte azionario dei grossi investitori è stato ricomprato direttamente dall’istituto popolare.

Uscite che sono state tutte avallate dalla stessa Banca Popolare nel 2014 o addirittura inizio 2015, poco prima del crack. Il tutto mentre negli stessi mesi oltre 100mila piccoli azionisti si trovavano impossibilitati a vendere, date le troppe le offerte da assorbire, a testimonianza di un trattamento di favore riservato a quelli che Malaguti definisce “amici degli amici”.

 

F.P.

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