Industriali e artigiani sul piede di guerra e hanno deciso di scendere in piazza il 13 dicembre per esprimere ufficialmente la loro contrarietà, che ormai è diventata esasperazione per un governo che non ascolta le difficoltà del mondo produttivo, che continua a soffrire alle prese con tasse e burocrazia. La manifestazione avrà come ‘teatro’ Milano e sotto accusa, ci sarà Matteo Salvini, ‘colpevole’, secondo artigiani e industriali, di aver tradito le promesse della Lega in campagna elettorale e di aver dato ascolto ad un Movimento 5 Stelle che pensa all’assistenzialismo e non al cuore pulsante dell’economia.

Sull’argomento era sceso in campo lo stesso Governatore del Veneto Luca Zaia, che aveva lanciato chiari segnali di scontentezza a Salvini, ricordandogli il ruolo di un Veneto, che insieme alla Lombardia, rappresenta un terzo del Pil di tutta Italia.

 

Il primo a ribellarsi era stato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia che aveva chiesto al governo di invertire la rotta della manovra. Quindi, le parole del presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi che ha accusato il governo di «giocare d’azzardo» sulla pelle degli italiani. Per Vescovi è impossibile intravvedere nella manovra uno spiraglio . A ruota, sono seguite le dichiarazioni di Piccola industria, con Carlo Robiglio, che  ha confermato l’ansia del domani degli imprenditori del Nord Est. ‘Nella trincea delle pmi di Confindustria, il 98 per cento delle associate, c’è indubbiamente una preoccupazione che sta salendo ogni giorno in maniera esponenziale – dice Robiglio -. L’imprenditore non ha paura delle difficoltà, ha paura dell’incertezza, delle cose non chiare». La conseguenza è che nessuno intende investire in Italia e, conclude Robiglio «c’è chi ha paura che finisca in una Caporetto».

C’è andato giù pesante Agostino Bonomo di Confartigianato che parla di rischio che ‘il paese cammini come un sonnambulo verso l’instabilità’ e che l’OCSE ci consideri un rischio per Unione Europea è uno scenario che preoccupa ogni imprenditore che ciascun giorno impegna le sue risorse per creare pil, occupazione e benessere. Una bocciatura della manovra da parte dell’UE era ampiamente prevista ed attesa anche dal mondo produttivo.Si consolida una nuova spaccatura nella società italiana, già divisa tra nord e sud, pubblico e privato, presunti poveri e presunti ricchi. E’ il partito della crescita, responsabile e sostenibile contro il partito della decrescita, felice per pochi e che si avvia ad essere triste per molti. Il partito del no alle opere, ritenute fonte di corruzione non contrastabile. Del no ai termovalorizzatori ritenuti inquinanti. Del no alla responsabilizzazione del pubblico impiego, nel quale torna a contare il numero rispetto alla produttività. Il partito del no al lavoro vero, per tornare all’assistenzialismo pubblico, per di più a debito.Il partito che non sostiene il valore dell’impresa come stazione educante, tagliando le risorse per l’Alternanza Scuola-Lavoro, cosi centrale per il futuro dei nostri giovani – continua Bonomo –  Messa in sicurezza la Pedemontana, grazie alla caparbietà veneta e del governatore Zaia, oltre che alla provvidenziale irreversibilità degli atti amministrativi, è scoppiata la vicenda TAV che, com’è noto, non è solo una questione piemontese ma tocca, nel percorso del cosiddetto corridoio 5, tutte le Regioni del nord e le principali adduttrici. Torna d’attualità l’alternativa del percorso a nord delle Alpi, che sarebbe un colpo di grazia alle Regioni del centro nord italiano, quello che produce ed esporta. Ad aggravare lo status quo nel pieno dei negoziati per le autonomie regionali, già molto articolati e complessi, il Governo, nella legge di bilancio, ha inserito una trovata geniale e di segno diametralmente opposto: la centrale di progettazione delle opere pubbliche. Centinaia di assunzioni di professionisti, in barba alle logiche di km zero e alle promesse di rivedere la legge sugli appalti per consentire un maggiore coinvolgimento delle imprese del territorio. Un carrozzone che contraddice i  in pieno, oltre che il buon senso, le speranze di autonomia e di sussidiarità.

Dalle pagine de Il Giornale di Vicenza, il parlamentare ‘di casa nostra’ Erik Pretto parla di una manovra che è una mediazione che ha fruttato il decreto sicurezza, che stava a cuore alla Lega, ma Daniela Sbrollini non ci sta e dà ragione ai rappresentanti di categoria: ‘Questa è una politica anti impresa e la Lega non può tirarsi indietro.

Nel frattempo, ci si chiede: la  Flat tax al 15 per cento che fine ha fatto? E la riduzione dell’Irpef? E le accise sulla benzina? L’abolizione delle imposte di successione? E tutto il resto? C’è un’emergenza-sicurezza tale da metterla al primo posto rispetto a chi lavora tutto il giorno? A chi dà lavoro a padri di famiglia che altrimenti non porterebbero a casa i soldi per il pane ed il latte dei propri bambini?  Basta il buon senso per rispondere e per comprendere la protesta di chi produce e dà ricchezza. Ch non ci sta al reddito di cittadinanza a chi magari lavora in nero  ed evade da sempre, in barba a chi si sacrifica da una vita e osserva le regole dell’imprenditore modello. Quello che pur di pagare le tasse si toglie il proprio stipendio, quello che per pagare i lavoratori , fatica e non ha mai smesso di fare sacrifici. Quello che adesso non ci sta più e vuole ribellarsi scendendo in piazza il 13 dicembre.

R.B.

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