Alla ripresa delle lezioni dopo Natale le scuole venete, e non solo, potrebbero essere meno sicure. È quello che avverrà se verrà attuato quanto previsto dalla legge di Bilancio, ovvero il mancato rinnovo dei contratti del personale assunto per l’emergenza Covid. “In  Veneto rischiano di rimanere a casa circa 1.500 operatori scolastici, che rapportati alle circa 600 scuole vuol dire 2,5 persone in meno per istituto”, spiega Giuseppe Morgante, segretario regionale Uil scuola, oggi in manifestazione insieme agli altri sindacati della scuola del Veneto davanti all’Ufficio scolastico regionale. I 1.500 operatori che rischiano il posto oggi si occupano dei protocolli di sicurezza legati all’emergenza Covid, “igienizzano e arieggiano le classi tra una lezione e l’altra, igienizzano i servizi igienici, controllano il green pass all’ingresso, evitano che si creino assembramenti durante la ricreazione e controllano che gli studenti indossino correttamente la mascherina”, continua Morgante, secondo cui la scuola rischia di essere meno sicura, per “un risparmio minuscolo”. L’auspicio è quindi che il Governo riveda la sua decisione, alrimenti “proclameremo uno sciopero generale”, avverte il segretario Uil. Ma la manifestazione di oggi ha anche un altro obiettivo, ovvero quello di riportare l’attenzione sul contratto nazionale degli insegnanti, scaduto a dicembre 2018, e sugli impegni disattesi.

“Avevamo sottoscritto due patti, a marzo e a maggio, in cui si parlava di valorizzazione del comparto e stabilizzazione del personale”, ricorda la segretaria della Flc Cgil del Veneto, Marta Viotto. I patti ad oggi “sono stati disattesi”, in quanto il personale precario c’è ancora, e la valorizzazione si è risolta in “un’incursione legislativa nel bilancio”, ovvero il riconoscimento di “un aumento di 85 euro lordi in media”, che non può sostituire il confronto sul rinnovo del contratto. A questo si aggiunge quella che Morgante definisce una “presa in giro”, ovvero l’introduzione di una premialità di 11 euro per gli insegnanti che si dimostrano dediti al loro lavoro. Insomma, secondo i sindacati, che annunciano lo stato di agitazione, il bilancio nazionale così com’è non va bene. La priorità è quella di non essere costretti a fare a meno del personale Covid già da gennaio, ma rinnovo del contratto e stabilizzazione dei precari non sono secondari.

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