Molte aziende venete rischiano di dover fermare temporaneamente la loro attività per carenza di personale, in quanto si registra un “preoccupante numero di assenze di lavoratrici e lavoratori” dovuto al dilagare del Covid e soprattutto alle quarantene di chi è entrato in contatto con positivi. Lo evidenzia la Cisl del Veneto, secondo cui a soffrire sono soprattutto i comparti della chimica, della meccanica, quello grafico cartario ed in parte quello delle costruzioni. Ma anche commercio e servizi non se la passano bene, compresi i servizi socioassistenziali. E oltre al danno economico per le aziende e ai disservizi per gli utenti, eventuali fermi delle attività causerebbero ulteriori problemi anche per i lavoratori che non si trovano né in isolamento né in quarantena e che quindi potrebbero prestare regolarmente servizio. Al momento, infatti, “manca una copertura specifica in termini di ammortizzatori sociali”, afferma il segretario Cisl del Veneto Gianfranco Refosco, sottolineando che in caso di fermo attività “non potranno essere utilizzati strumenti di gestione di eventuali crisi aziendali, perché in realtà le commesse ci sono e piuttosto non possono esserne rispettate le tempistiche”.

Finora il sindacato non ha notizia di stabilimenti che abbiano dovuto chiudere i reparti, “si prova ad affrontare la situazione ricorrendo a sistemi di flessibilità degli orari, alla riorganizzazione del lavoro, all’utilizzo di contratti a tempo determinato e in somministrazione. Ma la situazione è comunque difficile, perché alla carenza di personale si sommano le perduranti difficoltà a reperire materie prime essenziali e semilavorati, come anche il rincaro dell’energia e del gas”, prosegue Refosco. “Questo combinato di fattori critici rende ancor più necessari il rifinanziamento della cassa integrazione Covid, almeno fino alla fine dell’emergenza pandemica, e l’equiparazione della quarantena alla malattia”, conclude.

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