Vien da ridere, solo a pensare a quello che fa e dice Matteo Salvini, leader della Lega per se stesso premier, ogni giorno. Interviene dappertutto, si fa fotografare mentre mangia la salsiccia di qua o addenta la fetta di caciocavallo di là. Parla dei Santi, fa la collezione di rosari… insomma, è l’uomo immagine che parla anche se sta muto. Il problema, che i nuovi parlamentari eletti si sono ritrovati oggi alla riunione con il capo, è che d’ora in avanti dovranno diventare muti e quando incontreranno qualche giornalista sfuggirlo come la peste.
Tocca raccontare anche questo, col paladino della libertà declamata in pubblico in ogni dove, che poi a casa sua chiude tutti sotto chiave e mette la mordacchia. Senza curarsi che così facendo mostra debolezza e grande insicurezza. Quale leader avrebbe paura di quello che liberamente potrebbero dire i suoi uomini? Alla fine, un simile comportamento significa una sola cosa: o non si fida nemmeno dei suoi, o li considera degli incapaci. Per questo ha del comico, e la cronaca di Antonio Bravetti, giornalista della Dire, va segnalata, quanto accaduto alla prima riunione con i suoi parlamentari eletti: “Non parlate con i giornalisti, state attenti a chi vi ascolta, evitate di andare a cena fuori, potrebbero fotografarvi e riconoscervi anche al ristorante“, l’avviso.
Non solo, a deputati e senatori viene chiesto di lasciare i telefonini alla responsabile dello staff, che li mette in una busta, li numera e li deposita in tre scatoloni di cartone. Verranno restituiti solo all’uscita. Da dentro, mentre Salvini parla, non deve uscire una parola. Vengono diffusi solo un video e una foto ufficiali. Nel primo ci sono tutti i parlamentari leghisti sul palco del teatro che gridano: “Lega! Lega! Matteo! Matteo!”; nella seconda ci sono Salvini e Giorgetti sorridenti seduti in platea, il teatro vuoto intorno a loro.
Non solo Lega per Salvini premier, anche per Fratelli d’Italia è suonata la tromba del silenzio. Narrano le poche voci che siamo riusciti a captare di un piccolo diverbio, diciamo così, scoppiato a seguito dell’intervista che il capogruppo uscente, Francesco Lollobrigida, aveva rilasciato ai quotidiani e dove, in modo schietto, aveva detto che tra le cose che il governo Meloni avrebbe fatto c’erano pure il cambio della Carta Costituzionale per introdurre il presidenzialismo e la messa in discussione della sovranità dell’Unione europea.
Parole che hanno fatto saltare dalla sedia più di un dirigente. Ma come, è stato il ragionamento, qui ci stiamo dannando per tranquillizzare le piazze mondiali, i mercati e chi ci sta osservando per valutare l’affidabilità, e noi gli dichiariamo guerra? Di qui, anche dentro i Fratelli d’Italia, l’invito a stare zitti, ricordando che un tempo si stava all’opposizione quindi si poteva urlare, ora si va a governare e prima di parlare bisogna pensare.
Passiamo adesso ai guai in casa Pd. Oggi il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha parlato forte e chiaro. Al prossimo Congresso dirà la sua e si candiderà a nuovo segretario per rivoluzionare il partito. Nelle stanze romane delle correnti dem ci si sta già attrezzando per respingere e mettere a cuccia l’aspirante: “Gli emiliani – dice sorridendo un dirigente di spicco – hanno già fatto molti danni in questi anni, no? Quindi lasciamo stare, passiamo ad altri” (e giù risate dei presenti). “Ma Roma è città accogliente – aggiunge un altro dirigente di spicco di altra area – qui accogliamo tutti, barbari, Papi e imperatori… Benvenuto anche a Bonaccini” (altre risate). Ma il Congresso del Pd non sarà una passeggiata, nonostante in molti siano già pronti a silenziare, sopire, traghettare verso lidi sicuri se non tutti, almeno qualcuno.
P.S. Uno dei problemi riscontrati nel corso della campagna elettorale è il messaggio, il linguaggio usato dai dem che non è arrivato o non è stato compreso dal popolo. Ecco, oggi un dirigente del Pd ha criticato il leader di Azione, Carlo Calenda, sottolineando che farebbe bene a fare attenzione alla sua “periclitante leadership“. Consiglierei di usare parole più semplici e comprensibili, che non necessitano del dizionario, insomma.
Nicola Perrone, direttore dell’agenzia Dire