L’importanza e il valore delle competenze educative e formative degli insegnanti sono più che mai  decisive nella crisi  del nostro tempo. Crisi che non riguarda solo la pandemia, ma le profonde trasformazioni in atto nei macroscenari economici, nei nuovi assetti sociali, nella inedita complessità del lavoro.

Quindi è più che mai indispensabile un grande investimento sui nuovi saperi e sulla formazione degli insegnanti iniziale e in servizio che sappia rispondere alle nuove esigenze del nostro tempo.

La rapida trasformazione delle tecnologie, dei processi e delle competenze richiede di saper stare nei cambiamenti. Strategie formative innovative ed efficaci si nutrono di modalità di pensiero e di comportamento capaci di apertura allo spiazzamento, gestione dell’imprevisto, che non è più elemento occasionale, sporadico, ma elemento ormai strutturale del sistema. Quindi, oggi, potenziare le competenze significa  stare nelle trasformazioni in modo progettuale, non solo per gestire il nuovo ma anche generare innovazione.

In tal senso, in un sistema che cambia, un insegnante o educatore che non cambia non è un buon insegnante. Ed è per questo che oggi lavoriamo ad un nuovo modo di intendere la professione docente che si fondi sul saper promuovere una pluralità di competenze, a partire da quelle disciplinari e una “contaminazione” tra i saperi. Occorrono skill “di confine”, trasversali che non siano la somma dei singoli segmenti di nozioni settoriali, bensì il risultato del loro intreccio multidisciplinare.

In particolare, poiché la pandemia ha aumentato l’incertezza e la precarietà, si manifestano nuove fragilità e una diffusa insicurezza esistenziale, serve potenziare l’unione di competenze tecniche e formazione umana per una formazione multidisciplinare globale volta alla centralità della persona.

In tal senso l’intelligenza emotiva deve diventare strumento professionale, risorsa non accessoria ma fondamentale, eppure ancora sottovalutata e sottoutilizzata, quando le neuroscienze confermano che separare mente e sentimenti, ragione ed emozione, non solo è impossibile ma è dannoso.

Altresì occorrerà  rafforzare le interazioni con figure professionali che affianchino la didattica (psicologi, educatori, pedagogisti) nella formazione ma anche nelle relazioni con il contesto territoriale per costruire la comunità educante, nel tessuto socio-culturale in cui è situata e lavorare con i singoli enti istituzionali del territorio per costituire un sistema integrato. La professionalità e la funzione docente  vanno affrontate insieme alla riflessione su una differente organizzazione dentro la scuola, puntando su modelli plurali e flessibili delle istituzioni scolastiche per migliorare l’attività didattica.

Infine, fornire una cornice di senso nella formazione degli insegnanti richiede una Vision. Saper vedere e andare oltre le barriere dell’ovvietà per formare cittadini consapevoli, in grado di esercitare un ruolo attivo e partecipativo..

Le rilevazioni nazionali (INVALSI) e internazionali per esempio segnalano diseguaglianze tra l’Italia e i paesi comparabili al nostro, tra Nord e Sud del paese, tra liceali e studenti dell’istruzione professionale, tra maschi e femmine, tra chi vive in situazioni di marginalità e chi ha la fortuna di nascere in una famiglia senza particolari criticità sociali o economiche. Per questo, educare e ridurre le disuguaglianze è dunque un compito strategico fondamentale La dimensione politica è quindi decisiva per costruire e consolidare una visione di riferimento, promuovendo una cultura della responsabilità , perché “l’educazione-come scrive Hannah Arendt- è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità”.

È in quanto assunzione di responsabilità il lavoro educativo non può mai essere considerato un fatto privato ma sempre pubblico e per questo politico , poiché rappresenta sempre una sfida e un impegno comune.

senatrice  Vanna Iori

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