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La lettera di un medico ospedaliero: “Perchè i bandi vanno deserti? I giovani non vogliono fare sacrifici”

Gentile redazione,

sono un medico ospedaliero ed oramai è voce comune, peraltro vera dei problemi della sanità che oramai hanno raggiunto il fondo del barile se non incominciato a raschiarlo! Cerco tuttavia di fare alcune riflessioni: dodici anni (2010) di blocco di turnover e di stipendi nel settore pubblico, e quindi anche nella sanità (legge Tremonti del governo Berlusconi) hanno dato il colpo di grazia ad una situazione già molto precaria; il Covid ha piovuto sul bagnato e il problema, qualora ce ne fosse stato bisogno, si è manifestato in tutta la sua drammaticità (salvo a tirar fuori dal cilindro “ gli eroi” morti o tornati nella polvere).

I Pronto Soccorso infarciti di Colleghi di cooperative private, la medicina di Base con carenze di Personale Medico abissali che lasciano assistiti senza assistenza, i giornali che mai come adesso tuonano sulla piaga Sanità…..però….????.

Come mai i concorsi vanno vuoti di adesioni, come mai il privato i medici li trova aumentando i loro compensi a dismisura e magari sono gli stessi che non si presentano ai concorsi…..Mi si può rispondere la fatica, i bassi stipendi, chi lo fa fare!!!! Ma non è la stessa cosa? Il problema che è cambiato il mondo, la gioventù, noi incominciavamo a lavorare per quattro lire, a migliaia di chilometri di distanza, aiutati economicamente ancora dalle nostre famiglie, accontentandoci di quello che ci si offriva…

Adesso meglio il posto vicino a casa, meglio se ben pagato, meglio su slegati da una gerarchia che se non usata per propri fini, necessita per dare un senso ed una finalità al proprio lavoro.

Non importa se ci si ritrova a lavorare come unità singola in un reparto senza coordinamento, senza conoscere umanamente e professionalmente gli altri Colleghi, senza lavorare come “ rotelle di un unico ingranaggio” che darebbe frutti sicuramente migliori a beneficio dei pazienti, fine ultimo del nostro impegno, per cui abbiamo studiato, fatto sacrifici, per cui la cultura medica non sia il piedestallo da cui guardiamo il mondo, il balcone del “io sono e voi non siete un….” ed allora il nostro sapere diventa cosa sterile…

La medicina è impegno, sforzo, ricerca continua, fallimenti o successi nel dare salute, benessere nel fare il meglio possibile consci dei propri limiti, il resto viene dopo non è la promozione di se stessi, è rinuncia.

A 66 anni lavoro a 70 chilometri dalla mia famiglia, dopo decenni di pendolarismo abito vicino al mio posto di lavoro per 5 giorni la settimana e non è facile sotto tutti i punti di vista, torno a casa per il fine settimana. L’anno prossimo sarei dovuto andare in pensione, ho chiesto il prolungamento dell’attività lavorativa fino ai 70 anni penso di poter dare ancora qualcosa, e La mia Direzione generale me lo ha concesso (penso che il Direttore ormai abituato alla fuga abbia pensato al principio di uno scherzo…….!!!!).

Dico questo, non per farmi bello, né tantomeno per essere un esempio, prego di credermi non mi interessa, ma solo perché se tutto questo viene pubblicato e letto da giovani Colleghi, al di là della innegabile provocazione, sia un momento di riflessione da parte loro e di tutti “se si pensa di meno a certi benefici, se si finisce di pensare alla pensione a 40 anni di età, se si torna all’origine delle nostre scelte, all’idea della Medicina come servizio, come dovere , come promozione sì della propria persona , nel senso alto del termine , e si pensa a dare senso a ciò che si fa, forse , e dico forse, si può migliorare.

A voi giornali, a Voi “ opinion maker, chiedo non solo denunce ma anche proposte, anche questa è cronaca!

 

Maurizio Zirillo