Riceviamo e pubblichiamo dalla lettrice Marta Frigo

L’antico rapporto dell’uomo con la montagna, fatto certamente di fatica ma anche di magia, di silenzio, di esperienza profonda con il proprio sè, si sta definitivamente sgretolando, vittima di una visione del mondo esclusivamente utilitaristica e consumistica.

Abbiamo costruito quegli agglomerati di cemento chiamati città, luoghi disumanizzanti che ci hanno fatto perdere la nostra essenza e ci hanno trasformati in individui nevrotici e schizofrenici.

Ed allora per sfuggire a tale nevrosi, invece di fermarci a riflettere su dove stiamo andando…a sbattere, cerchiamo lo sballo ma non più o non solo nelle discoteche, bensì nei luoghi naturali dove trasferiamo il nostro modello di vita devastante, fatto di fracasso, motorizzazione selvaggia e ritmi frenetici che tutto divorano e consumano in una folle corsa senza fine.

La montagna, che dovrebbe essere il luogo del silenzio, in cui fermarci e riflettere su noi stessi, e caricarci di nuova energia, diventa una discoteca a cielo aperto in cui sballarsi e divertirsi senza limiti.

Non solo le Dolomiti, Patrimonio Unesco (sic!) sono prese d’assalto da questo turismo becero e di bassa lega ma anche le nostre località montane. Il Rifugio Monte Corno sull’Altopiano di Asiago si è inventato “l’aperitivo in terrazza”, con musica a tutto volume, rombo assordante di motori, caldamente “invitati” dai gestori, sballo fino a sera, in una follia collettiva che non rispetta niente e nessuno. Il rifugio Monte Corno, nel comune di Lusiana, è attiguo ad uno dei Siti della Rete Natura 2000, la zona inoltre è ricca di testimonianze legate alla Grande Guerra; luoghi così importanti dal punto di vista naturalistico e storico dovrebbero essere oggetto di particolare tutela da parte dell’Amministrazione competente, ed iniziative come quella descritta non sono a nostro avviso compatibili con tale tutela.

La salvaguardia dell’ambiente e delle specie che vi abitano, il rispetto per le loro esigenze biologiche ed etologiche dovrebbe essere un dovere istituzionale. tanto più che il loro futuro è sempre più a rischio a causa delle attività umane.

Troviamo inoltre molto preoccupante che il CAI, riconosciuta Associazione di Tutela Ambientale, non prenda una posizione pubblica contro questa ed altre iniziative, legate al turismo di massa e alla viabilità, che stanno portando al degrado e alla distruzione dell’ambiente montano.

Marta Frigo

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