del direttore dell’Agenzia di Stampa Dire Nicola Perrone

Mi ha molto colpito la vicenda, sparata da tutti i mezzi di informazione, della bidella di Napoli che ogni giorno se ne va a Milano per lavorare nella sua scuola e poi la sera se ne ritorna a casa: “Così risparmio sull’affitto e resto vicino alla famiglia” ha detto l’interessata senza soffermarsi sulle 10 ore e passa di treno al giorno. Storia vera o falsa? Stando alla valanga di insulti che le sono piovuti addosso la maggior parte crede sia falsa, che la bidella se la sia inventata. Quello che colpisce è la rabbia che si è scatenata, a quanto pare, tra gente che alla fine non se la passa bene. Insomma una guerra tra poveri, come se la mia sofferenza fosse sempre di più di quella altrui, che quella altrui sia una invenzione perché solo la mia condizione è reale.

Sulla rete, tra gli scambi tra di noi, nessuno si sofferma sulla questione vera, sul fatto che ormai con gli stipendi, anche quelli garantiti, a fine mese non ci si arriva. Sembra quasi un gioco perverso, inventato da qualche ricco e gaudente burlone: far scannare tra di loro i pezzenti… così non se la prendono con chi ha la pancia (e la borsa) sempre più piena. Dal punto di vista sociologico è dimostrato che è proprio la frustrazione a scatenare l’odio e che la frustrazione cresce soprattutto in periodi di crisi economica e quindi sociale. Di qui una responsabilità in capo al Governo e alle forze politiche: se volete meno odio guardate a come fare per migliorare i salari dei tanti. Dei tanti perché, sempre dati alla mano, i pochi ricchi (anche a livello mondiale) in questi periodi di crisi sono diventati sempre più ricchi, alla faccia della sofferenza. E basta solo ricordare a quanti si sono messi in saccoccia i dirigenti dell’industria dei vaccini anticovid. C’è anche una responsabilità di noi giornalisti, di chi fa comunicazione. Bisognerebbe parlare e portare alla luce anche le tante, tantissime storie positive che ci sono e che riguardano la stragrande maggioranza delle persone. Non concentrarci sugli odiatori, perché l’odio genera odio.

Ma c’è un discorso più generale da affrontare, segnalato di recente nel rapporto Oxfam preparato in vista della riunione dei potenti del mondo a Davos. Per quanto riguarda l’Italia, la quota detenuta dal 10% più ricco è aumentata dall’1,3%, con un patrimonio che vale sei (6) volte quello posseduto dal 50% più povero della popolazione. Tradotto, lo scenario è a dir poco da urlo: il patrimonio del 5% più ricco degli italiani (pari al 42% della ricchezza nazionale totale) era superiore a quello detenuto dall’80% più povero dei connazionali. I super ricchi con patrimoni superiori a 4,4 milioni di euro (lo 0,134% degli italiani) possedevano tanto quanto il 60% dei più poveri. Sempre in Italia, nel 2022 si contano 14 miliardari in più e i loro patrimoni sono cresciuti dell’8,8%, 12 miliardi di euro. Una situazione, afferma il rapporto Oxfam, che pone l’Italia tra gli ultimi paesi nell’Unione europea per diseguaglianza dei redditi netti tra la popolazione. Pur se le ultime misure di aiuto alle famiglie hanno attenuato l’emergenza le prospettive di arretramento restano forti. Che fare? Ci sono delle urgenze che vanno affrontate subito a livello di governo ed anche di chi ora sta all’opposizione: attenzione costante alle misure contro il carovita e la povertà; equità fiscale, da ricercare proprio andando a redistribuire le risorse di quei pochi che hanno accumulato uno sproposito; un lavoro dignitoso, magari vincolando gli incentivi statali all’occupazione  alla qualità e sostenibilità dei posti di lavoro creati. Sullo sfondo c’è anche la grande scommessa che investe l’umanità tutta: nel momento in cui sono chiari i limiti che non si possono superare per continuare a vivere sul nostro pianeta bisogna cambiare modello anche a livello di ogni singola vita. Ormai è chiaro: senza un limite alla bramosia non solo non sopravvivremo ma continueremo ad essere insoddisfatti, perché senza un limite al voler sempre di più non si raggiungerà mai la felicità. E qui si torna al titolo: o la borsa, o la vita. O come diceva il nostro saggio amico Stanislaw Jerzy Lec: “È triste quando l’esistenza che ti è più cara è l’esistenza del problema”.

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