Riceviamo e pubblichiamo

Racconto la mia insana esperienza domenicale in Pronto Soccorso a Santorso.

Non è sceneggiata la mia. Io non posso prender freddo, a causa dei miei seri problemi di salute. Parlo da invalida, oltretutto. Tutto inizia quando alle 18.30 vado con il mio compagno in Pronto Soccorso. Tralasciando la situazione non bella nella quale si trovano oggi i familiari di un paziente di Pronto Soccorso, che non possono stargli vicino nemmeno se arriva in codice rosso, voglio evidenziare alcuni punti che andrebbero decisamente migliorati, se non addirittura cambiati.

Ho dovuto attendere 4 ore e mezza fuori, all’aperto. Sotto alla tettoia, ma all’aperto. Col passare delle ore, la temperatura scendeva a 19°C. Oltretutto, se non avessimo avuto il cellulare personale col quale comunicare, sarei stata 4,5 ore senza notizie in merito alla salute del mio caro. Mi ha fatto specie poi, notare come in qualsiasi locale pubblico (bar, ambulatori vari, chiese, parrucchieri), si esiga la sanificazione, pena persino le multe, ma le sedie fuori dal Pronto Soccorso, non siano mai state pulite in 4,5 ore. Arrivati i 19 gradi ed avendo un abbigliamento estivo, ho dovuto recuperare delle coperte che avevo in macchina per ripararmi dal freddo.

Mi chiedo se sia possibile una cosa del genere. Per lo meno adibire un locale, fosse anche un tendone simile a quello esistente all’esterno degli ospedali, nel quale far riparare dal freddo i familiari dei pazienti di Pronto Soccorso. Mi chiedo cosa succederà quest’inverno.

L’attenzione verso il prossimo, richiederebbe il mandare ogni tanto un infermiere a dare notizie ai familiari che, per ore, non conoscono le condizioni in cui versa il proprio caro.

Basterebbe veramente poco impegno, da chi è preposto a tali mansioni. Mi chiedo perché, oggigiorno, persino il luogo più importante per la nostra salute, sia così poco rispettoso verso chi sta male che non sempre è ‘solamente’ il paziente, ma a volte lo è persino il familiare che lo accompagna.

M.B., residente a Thiene

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