Dalla dottoressa Giuliana Scaffidi, psicopedagogista,  pubblichiamo una lettera-sfogo in cui ‘bacchetta’ l’uso inconsulto, insensibile e devastante per alcuni soggetti, che si fa di whatsApp, spesso anche strumento di conversazioni scolastiche attivato da insegnanti che, dimenticando il ruolo di educatore che dovrebbero mantenere nei confronti degli studenti anche al di fuori dell’aula scolastica, laddove riforma la classe su un’app, non vigila sul corretto ed educato uso della stessa.

Ecco cosa scrive Scaffidi:

“È notorio che whatsApp è un canale fertile assai adoperato da grandi e piccini… da eminenti professionisti e da piccoli e giovani studenti, i quali per armonizzare con la classe (sempre su whatsapp) usano appellativi poco ragguardevoli nei confronti di patologie gravi, patologie che mettono in ginocchio famiglie intere, ed ancora più allarmante diventa quello che “dietro le quinte” si palesa come modus ilare. Tutto questo lo si estende senza avere la benché minima cura se vi siano componenti, sempre facenti parte della classe, che ahinoi sono affetti da gravi patologie, fra queste appunto, affetti dal disturbo dello spettro autistico.

Questi messaggi passano indisturbati senza il controllo della patria potestà, intendo senza controllo da parte della genitorialità, pertanto diventano continuativi e non passibili di controllo e trovano sempre più adesioni. Questi appellativi, oggi tanto diffusi, sono diventati “un tormentone mediatico” ed ancor di più si sono sostituiti ai “classici” epiteti, a cui tutti indistintamente siamo stati sottoposti, soffrendo.

Appare e mi repelle che “SEI AUTISTICO” viene utilizzato come ingiuria e che addirittura vengano per questo, utilizzati degli Sticker.

Questo che sto per raccontarvi e che fa capo alla lunga premessa, è la triste realtà di un ragazzino autistico, disturbo ad alto funzionamento, pertanto capace di recepire il saccente invito alla risata, consapevole che quel dire, è proprio indirizzato a lui.

Il ragazzino di cui trattasi frequenta la scuola media inferiore, fa parte del gruppo classe di whatsApp, e giornalmente convive con questi insulti, perché in tal maniera sono indirizzati, e verso i quali spesso e volentieri questi sono motivo di sofferenza. Si scusa con la mamma, convinto di essere vittima perché ha colpa, colpa di essere AUTISTICO. Riportare come M. si sente non mi aggrada per niente e per tale ragione, lascio a colui che legge, l’amara interpretazione.

Non è ammissibile e non si può accettare che azioni riprovevoli passino inosservate agli occhi di chi dovrebbe vigilare, accudire, insegnare. Non esiste nessun tipo di diversità se non quella che viene creata intanto sui banchi di scuola, e non esiste diversità se ai più piccoli viene insegnato la regola che “tutti siamo uguali e meritevoli di rispetto”.

Una società che condanna, che deride, che si erge a giudice, ha una grande e insostenibile pecca: quella di asserire che ABBIAMO FALLITO TUTTI, ognuno con il proprio ruolo, ma più di tutti un MEA CULPA dovrebbe farlo la genitorialità assente o carente nelle più svariate funzioni educative”.

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