A quattro anni dal referendum e a tre anni dal primo accordo preliminare siglato con il governo Gentiloni, il Partito democratico del Veneto ritiene giunto il momento di aprire un dibattito con la società veneta per valutare i risultati conseguiti e le ragioni che hanno portato all’ormai evidente stallo negoziale. Appare evidente -scrivono i dem in una nota- che l’impasse non può essere solo attribuita a responsabilità di altri ma investe direttamente i contenuti e la natura delle richieste avanzate dal Veneto. Riteniamo sia giunto il momento di un’assunzione di responsabilità indicando quali possano essere le correzioni di rotta che possono aiutare a riprendere la strada verso forme di autogoverno utili al tessuto sociale e produttivo del nostro territorio. In questi quattro anni la narrazione domestica si è concentrata sulla richiesta di 23 materie e sul cosiddetto residuo fiscale generato dal territorio, come se la tassazione anziché sulle persone riguardasse i territori. Tale approccio -rilevano- ha aperto un dibattito sulle possibili disparità tra i diversi territori. È necessario correggere il tiro, ed è responsabilità del Veneto, assieme a Lombardia ed Emilia-Romagna indicare, concretamente, lo spirito e il senso vero delle richieste, fatte di assunzione di responsabilità su funzioni che si ritengono meglio gestibili a livello locale, con in più la realizzazione di significativi risparmi di spesa. La legge quadro e il necessario dibattito parlamentare sull’argomento costituiscono una buona base di partenza, ma il Veneto -spiegano i dem- può e deve fare di più in un’ottica di autonomia cooperativa e non più rivendicativa.
Il Veneto deve lavorare per ottenere le funzioni e le risorse su alcune materie chiave, non su tutte, per la struttura sociale ed economica della nostra regione, deve avviare un confronto con cittadini, istituzioni locali e imprese degli effetti del trasferimento di competenze e, infine, istituire una commissione speciale del Consiglio regionale a supporto delle iniziative della giunta nella trattativa con lo Stato. Le competenze richieste non sono mai state oggetto, funzione per funzione, di un dibattito pubblico con i diversi portatori di interesse per misurarne il valore, la stessa utilità o eventuali criticità. È necessario per i dem che il Veneto concentri la sua iniziativa su alcune competenze proprio in funzione delle esigenze di crescita e rafforzamento della sua struttura produttiva: competenze in materia di politiche attive del lavoro; competenze in materia di integrazione tra politiche attive e politiche passive; competenze in materia di organizzazione delle fondazioni Its; competenze per la realizzazione di un sistema integrato di istruzione professionale e di istruzione e formazione professionale; competenze in materia di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese; competenze in materia di governo del territorio in funzione della rigenerazione urbana; competenze in materia di prevenzione del rischio sismico. Tra le altre iniziative il Pd propone l’avvio di una consultazione e di un confronto con le forze economiche e sociali, le categorie produttive e i portatori di interesse sulle esigenze per migliorare il rapporto tra la Regione e istituzioni locali, enti, cittadini e imprese alla luce dell’eventuale trasferimento di competenze.
Inoltre, il Pd propone la creazione di una commissione speciale del Consiglio regionale anche al fine di migliorare l’oggetto delle richieste e di renderle più rispondenti e misurabili alle necessità del nostro territorio. Le risorse devono essere conseguenti alle scelte fatte. Le competenze richieste su specifiche materie e per determinate funzioni comportano il trasferimento su scala regionale delle relative risorse umane, materiali logistiche e finanziarie. L’obiettivo non può che essere il miglioramento della vita dei cittadini e un rapporto più semplice con la pubblica amministrazione.