“Quella della carenza di medici di base è una voragine a fronte della quale non sono sufficienti le continue soluzioni tampone che, se tutto va bene, servono a tirare la carretta per qualche mese. La verità è che per anni, è stato ignorato un allarme preciso, con previsioni che davano per certa questa emorragia di professionisti. Un allarme persino sbeffeggiato, se pensiamo al leghista Giorgetti che tre anni fa, da Roma e da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, liquidò l’emergenza dicendo che ‘tanto nessuno ci va più dal medico di base: il mondo in cui ci si fidava del medico è finito’. Si tratta di clamorosi errori politici che impongono ora interventi strutturali e di lungo periodo, non palliativi temporanei”. A dirlo la vice presidente della Commissione Sociosanitaria ed esponente dem Anna Maria Bigon, assieme ai consiglieri regionali del PD Veneto, Giacomo Possamai, Vanessa Camani, Jonatan Montanariello, Andrea Zanoni e Francesca Zottis. “Le misure economiche di sostegno introdotte in questi giorni dalla Giunta regionale per consentire ai medici di alzare il massimale di assistiti, sono definite dalla stessa Lanzarin come temporanee. Accolgono come valida la nostra proposta di puntare al rafforzamento del personale amministrativo quale strumento di alleggerimento del carico di lavoro dei medici. Ma siamo lontanissimi da provvedimenti strutturali, in grado di riformare il sistema. Così come l’ipotesi delle guardie mediche diurne – prosegue la consigliera – non possono che rappresentare una risposta provvisoria, se non altro perché non risolve il problema di quei pazienti che hanno patologie e a cui servono urgentemente le impegnative. Il punto è che se non si prende atto, da parte della Giunta regionale, che questa non è un’emergenza momentanea bensì un fenomeno cronico legato anche alla scarsa attrattività, per i medici, del sistema sanitario pubblico veneto, non si faranno mai passi in avanti”.
“Si cominci, invece che fare le vittime di mancate decisioni assunte da Roma (Giorgetti docet), a prendere in mano seriamente la questione: si apra un confronto vero, una trattativa con la categoria e le organizzazioni sindacali, investendo fino in fondo e massicciamente su borse di studio, incentivi per chi opera nelle aree rurali e disagiate, personale amministrativo e infermieristico negli ambulatori, come chiesto da tempo dagli stessi medici”, conclude Bigon.