Dopo l’ennesimo e violento nubifragio di questa mattina gli abitanti di Velo d’Astico hanno ricominciato a temere il peggio. L’acqua è salita allo stesso livello di qualche giorno fa ed il maltempo non lascia troppe speranze. Sindaco, geologo, forestali e Protezione civile stanziano tutti a Maso, la contrada più colpita, e per fortuna lo scavo del canalone realizzato per far defluire i materiali franosi ha permesso di arginare il flusso continuo di acqua e detriti. Ma anche il così massiccio aiuto dei volontari dei giorni scorsi non è bastato per controllare una situazione estremamente fragile e imprevedibile, cosicché sopra la testa dell’ex assessore Stefano Martini si è accesa la cosidetta lampadina e tramite facebook ha lanciato un appello ai volonterosi: “Chi ha due braccia e un badile, venga ad aiutarci!”. Ben 36 persone hanno risposto all’appello, sfatando nel migliore dei modi possibile il mito radicato del social network veicolo di solitudine e isolamento. In poco più di due ore questi volontari dell’ultima ora hanno riempito ben 1.000 sacchi di sabbia che stamattina gli uomini della Protezione civile hanno continuato a cambiare di posto per regolare i flussi d’acqua che scendeva dalla montagna senza tregua. “E’ l’unico sistema pratico e funzionale che abbiamo trovato in questo momento di necessità”, ha confermato uno dei volontari della Protezione civile di Velo, “per evitare che l’acqua si incanali in un unico flusso pericoloso e possa danneggiare ancora il paese ed il Laghetto”.

 

Scosso dall’evento anche il neo sindaco di Carrè Davide Mattei, che con i suoi concittadini è stato testimone di un cedimento della zona collinare delle Bregonze. Acqua, detriti e fango si sono riversati nel centro di Carrè lungo la via principale, molte cantine private si sono allagate, ma anche un panificio e l’antica Chiesetta affrescata di Santa Lucia. Vigili, Carabinieri, Polizia e volontari sono però riusciti a pulire e liberare le strade in poco tempo e a far tornare il paese alla normalità, ma la paura per i prossimi giorni è tangibile tra gli abitanti. Perfino gli anziani del posto hanno testimoniato di non aver mai visto in tutta la loro vita uno spettacolo del genere a Carrè.

 

A Piovene Rocchette, gli abitanti della zona più colpita, in prossimità del monte Summano, sono stati tirati giù dal letto all’alba addirittura dal rumore provocato dai sassi che, rotolando dalla montagna, colpivano i cancelli delle abitazioni. Un vero e proprio torrente di acqua e detriti si è riversato direttamente al centro del paese tramite il canalone della Val de l’Oca e l’antica via del Torontonton, ora via Levrena, trascinando fango, rami secchi e ramaglie di vario tipo e allagando Piazzale Alpini. “Una vera e propria tracimazione” ha commentato il sindaco Erminio Masero, “aggravata dall’ostruzione della conduttura che attraversa il centro storico, probabilmente chiusa dalle ramaglie che sono scese dal monte trascinate dal flusso, e dalla saturazione dei pozzetti”. Anche a Piovene fortunatamente la situazione è stata riportata alla normalità in breve tempo, dopo che gli uomini del Comune hanno fatto drenare l’acqua e la fanghiglia depositata nelle piazze e nelle vie. A parte un paio di cantine allagate, non si sono registrati altri danni a privati.

 

Anche Cogollo del Cengio, si è svegliata di prima mattina vedendo franare materiale misto ad acqua da una valle del versante del Costo sopra l’abitato di Mosson, materiale che si è riversato poi nelle case e nella strada provinciale. Colpita in particolar modo anche la zona Buse con altri garages allagati e danni significativi. La situazione più critica riguarda un’altra valle del Costo al confine tra Cogollo e Caltrano, dalla quale è stato trascinato a valle una quantità enorme di materiale ghiaioso che ha letteralmente invaso la provinciale che collega i due comuni. L’acqua e i detriti hanno raggiunto l’area commerciale del Prix che dista dalla valle più di un chilometro e danneggiato anche molte abitazioni di Caltrano. Lo stesso sindaco Riccardo Calgaro è allibito ed ha ammesso di “non aver mai visto una situazione simile negli ultimi decenni”, ma non riesce a nascondere un pizzico di polemica puntando il dito in particolare sulla mancanza di pianificazione urbanistica e l’eccessivo consumo del territorio negli anni 70-80. “Tutte le costruzioni precedenti tale periodo non hanno subito allagamenti” ha affermato con forza Calgaro, “perché come al solito i vecchi sapevano dove costruire. Dove abbiamo i danni oggi? Nelle zone denominate “Buse” per esempio, o sotto il Costo dove un tempo erano ben visibili antiche vallette asciutte che sono state riattivate da queste piogge straordinarie. Ma abbiamo poca memoria. Terreni che un tempo erano demaniali sono diventati privati e vi hanno costruito in modo selvaggio, e non dobbiamo stupirci se dopo accadono questi eventi. Questo vale anche per Maso a Velo”.

Marta Boriero (foto di Francesca Soldati)

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