‘La Regione vorrebbe evitare il report semestrale che dovrebbe fotografare la situazione relativa alla spesa sociale e sanitaria, impoverendo così la già scarsa informazione sanitaria in Veneto’. E’ questo l’oggetto del contenzioso e il presupposto che ha spinto i referenti del ‘Coordinamento Veneto per la Sanità Pubblica’ a prendere posizione contro l’iniziativa intrapresa in sede di Consiglio dall’Assessore Manuela Lanzarin, rea secondo gli attivisti del Covesap, di contribuire ad un alone di opacità su questioni che attenendo alla salute e al bene primario dei cittadini veneti, meriterebbero invece risalto e chiarezza.

Il Comunicato del Covesap

“L’Assessore alla Sanità e Sociale della Regione Veneto ha recentemente proposto, sotto forma di emendamento ad un Progetto di Legge in Consiglio Regionale, la modifica dell’art 115 della L.R 11/2001 che porta ad eliminare l’obbligo di relazionare, con cadenza semestrale, alla competente commissione consiliare in ordine all’andamento della spesa sociale e sanitaria dell’anno in corso.

La proposta, grazie anche all’intervento delle opposizioni, è stata poi modificata in una relazione da presentarsi con cadenza annuale.

A nostro avviso questo tentativo si inserisce pienamente in un clima di progressivo impoverimento dell’informazione che riguarda la sanità del Veneto. Ancora un mese or sono era stata rilevata la mancanza da due anni della Relazione Socio Sanitaria che la Regione è obbligata a presentare annualmente entro il 30 giugno. Nonostante le rassicurazioni dell’Assessore, secondo la quale le relazioni sono state già preparate e sono disponibili, di fatto ogni richiesta a riguardo da parte di alcuni Consiglieri non ha consentito di acquisire alcun documento.

Per fare un esempio significativo: da 5 anni la Regione non elabora alcun report su personale, utenza e prestazioni dei servizi di salute mentale, così come nessun report con questi dati è mai stato prodotto relativamente ai Servizi per le Dipendenze e alla Neuropsichiatria Infantile.

I report annuali redatti dal Ministero della Salute, sulla base dei flussi regionali, di fatto non consentono di soddisfare il bisogno di informazioni che permettano di conoscere quel che accade a livello sia regionale che di singola realtà locale. Tantomeno si riesce ad avere dati contestuali, considerata la sfasatura di due anni fra pubblicazione e dati di riferimento.

Il Coordinamento Veneto Sanità Pubblica (CoVeSaP) ha fatto due tentativi di avere dati più recenti, riguardanti anche le singole realtà locali, attraverso lo strumento dell’accesso civico agli atti da parte di cittadini. Il primo, relativo alla sola salute mentale, ha consentito di avere meno della metà dei dati richiesti. Il secondo, relativo ai servizi per le dipendenze, alla residenzialità psichiatrica, ai costi della salute mentale ed ai servizi per minori, a distanza di un mese dalla domanda non ha ancora ottenuto alcuna risposta.

Ancora, la richiesta di avere a disposizione i dati relativi alle contenzioni meccaniche effettuate in ospedale, previsti come obbligo annuale già per il 2020 e 2021 (dalla stessa DGR 1106/2020 che ha normato le contenzioni in Veneto, istituendo quel monitoraggio del fenomeno che dovrebbe facilitare il suo superamento), ha ottenuto solo una lettera dalla Regione che comunica che questi, di fatto, non esistono.

Quello che vediamo consolidarsi è un atteggiamento che non ritiene di dovere condividere alcun dato con la cittadinanza, senza cioè sentire alcun obbligo di restituire una doverosa oggettiva informazione sullo stato di servizi che – in contrasto con la percezione degli utenti e senza che vi sia alcun dato a supporto – vengono ufficialmente descritti come eccellenze.

Non possiamo non interrogarci su quale sia il modello di governance che si propone ai cittadini attraverso programmazioni che non contengono alcuna descrizione analitica della realtà da cui si parte e per la quale si propongono soluzioni, e per le quali non viene offerta poi alcuna verifica di processo e di esito.

Riteniamo doveroso ricordare che i cittadini sono i legittimi proprietari dei dati sulle questioni che li riguardano, la salute in primo luogo, e che è dovere specifico di chi governa operare con trasparenza rendendo pubblici i dati sul proprio operato e quelli dei servizi che si amministrano. Infine, un modello che esclude gli operatori del servizio pubblico dall’informazione e dalla partecipazione alle scelte genera anche quei fenomeni di malessere e di abbandono che pur-troppo stanno emergendo in modo esponenziale in tutta la regione”.

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