Il Piano Lupo riproposto (dopo una sua prima “bocciatura” nel 2018) dal Ministero dell’Ambiente alla Conferenza Stato Regioni a marzo dello scorso anno è ben lungi dall’essere, come affermato dal ministro Costa, un piano anche di controllo della specie. Il documento del Ministero affronta in 23 punti la gestione del grande predatore, ma sceglie volutamente di non affrontare il tema, sicuramente controverso ma assolutamente non eludibile, della gestione degli esemplari confidenti e delle situazioni problematiche, vale a dire le modalità di applicazione delle cosiddette “deroghe” previste dalla Direttiva Habitat.  Semplicemente evita l’argomento e rimanda alle Regioni l’interpretazione e l’applicazione della normativa comunitaria, senza alcun indirizzo operativo”.

Così l’assessore all’Agricoltura della Regione Veneto replica a quanto affermato ieri a Longarone dal ministro per l’Ambiente Costa nell’incontro con gli amministratori e gli allevatori del Parco delle Dolomiti bellunesi.

Sul lungo e controverso iter del piano nazionale di gestione del lupo, l’assessore del Veneto precisa che “le Regioni e Province Autonome dell’area alpina hanno inviato già a gennaio 2020 al coordinamento della Conferenza e ai competenti Ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura una proposta emendativa, condivisa all’unanimità, che delinea misure gestionali, basate sui più rigorosi documenti tecnici scientifici quali, ad esempio, il documento sulla gestione dei lupi confidenti prodotto dal Large Carnivore Initiative for Europe – gruppo tecnico dell’IUCN  (Unione  Internazionale per la Conservazione della Natura), per affrontare concretamente problemi, quali la presenza di esemplari confidenti o le predazioni in prossimità di centri abitati, che ormai sono all’ordine del giorno in un’area così antropizzata come quella alpina”.

Non mi sembra un atteggiamento costruttivo, da parte del ministro competente, quello di trovare un alibi nell’ immobilità della Conferenza Stato Regione, dovuta – spiace dirlo –alle posizioni di apparente protezionismo di alcune Regioni nei cui territori il problema non c’è o non è così impellente”, –prosegue il titolare delle politiche regionali per l’Agricoltura e la gestione dei grandi predatori.

Dal responsabile del Ministero competente per  l’Ambiente , materia che come è noto è di esclusiva competenza statale, mi sarei aspettato un’assunzione di responsabilità con una posizione tecnica e politica chiara che affronti esplicitamente il tema. Chi conosce bene il problema, e ha contezza dell’effettiva presenza del lupo nell’arco alpino, sa che se le situazioni di squilibrio dovessero cronicizzarsi, si rischia di compromettere la convivenza con questo importante elemento della biodiversità”.

La Regione Veneto – ricorda l’assessore – ha già messo in campo tutte le risorse e le iniziative di competenza regionale, dalle misure di prevenzione e controllo, agli aiuti agli allevatori, alle sperimentazioni di radiocollare e barriere virtuali, al costante finanziamento della mappatura genetica degli esemplari presenti nel territorio regionale, il tutto in dialogo costante con i portatori di interesse sia locali che regionali. Ma senza il sostegno del Ministero, e soprattutto senza un piano nazionale basato su un approccio tecnico e laico, che miri alla salvaguardia di una popolazione e non dei singoli individui, non possiamo andare lontano”.

Se poi il ministro dovesse pensare che la soluzione per una buona gestione dei grandi predatori sia esportarne la presenza in tutte le regioni, come ha suggerito di fare con l’orso – conclude – allora dovremo ragionare su come convincere i lupi dell’arco alpino a trasferirsi in Sardegna!”

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