“Ci sentiamo traditi e presi in giro, spremuti dalla Stato e non rispettati. Non è questione di spending review, i soldi, tutti i soldi, ce li mettevamo Noi! Ci faremo sentire, la partita non si chiude qui! Il servizio è fondamentale per il territorio. Un pugno nello stomaco e un vero 8 settembre per il territorio, i cittadini e le imprese che lo vivono’. Stavolta Valter Orsi, sindaco di Schio si è proprio arrabbiato e non ha intenzione di rassegnarsi. Anzi, ha intenzione di mettere in campo tutto quello che può per salvare il servizio del Giudice di Pace, che ha i giorni contati. 15 giorni e verrà chiuso definitivamente, nonostante quell’ufficio finanziato totalmente dai Comuni e che quindi allo Stato costava zero euro, tratti in media 2.000 pratiche all’anno, di cui la metà interessano le imprese.

 

Un paradosso, un’ingiustizia gratuita, quasi una beffa. ‘Se le cose rimarranno così, per fare ricorso contro una contravvenzione i cittadini dovranno andare a Vicenza, che già esplode di suo, alla faccia della giustizia di prossimità che avvicina l’istituzione al cittadino’ .

Dopo la doccia gelata di stamattina, quando si è appresa la sentenza di morte decretata dal Ministero che ha cancellato come con un colpo di spugna un servizio fondamentale per l’intero Alto Vicentino (croce anche su quello di Asiago), Orsi ha convocato una conferenza stampa in cui il sindaco di Schio, Valter Orsi, in rappresentanza dei Comuni di Monte di Malo, Posina, San Vito di Leguzzano, Torrebelvicino, Arsiero, Velo d’Astico, Malo, Santorso e Valli del Pasubio, ha espresso tutto il proprio rammarico e sdegno per la decisione di sopprimere l’Ufficio del Giudice di Pace di Schio, decisione formalizzata dal Ministro della Giustizia con un Decreto datato 10 novembre 2014.

‘Dopo 3 anni di lotta e impegno dei Comuni dell’Alto Vicentino, per mantenere sul territorio i servizi per i cittadini e le imprese, anche quelli che lo Stato dovrebbe garantire – incalza Orsi – è arrivata l’ennesima, ma questa volta inaspettata, batosta da parte dello Stato.

 L’odissea del Giudice di Pace

‘ La Legge 14 settembre 2011, n. 148, aveva delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari, al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, prevedendo, tra l’altro, la riduzione degli Uffici del Giudice di Pace dislocati in sede diversa da quella circondariale – ripercorre le tappe di una storia assurda con uno Stato che falcia servizi con occhi bendati – Il Decreto Legislativo 7 settembre 2012, n. 156 ha dato attuazione a quanto previsto dalla Legge 148/2011 disponendo la soppressione anche del Giudice di Pace di Schio. L’art. 3 del D.Lgs. 156/2012 consentiva però agli Enti interessati di richiedere il mantenimento degli Uffici del Giudice di Pace, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, incluse quelle relative al personale (cancelliere e impiegati).

Il 26 aprile di quest’anno i Comuni di Schio, Monte di Malo, Posina, San Vito di Leguzzano, Torrebelvicino, Velo d’Astico, Malo, Santorso, Valli del Pasubio e Marano Vicentino hanno, quindi, presentato domanda per mantenere questo servizio sul territorio a proprie spese. Il 29 aprile il Ministro della Giustizia, con un proprio decreto, ha detto sì a questa richiesta. A maggio doveva iniziare la formazione del personale messo a disposizione dai Comuni; formazione sulla quale il Tribunale di Vicenza ha detto di soprassedere perché non in grado di organizzarla e gestirla. E la cosa si è fermata lì.

Con nuovo slancio tutta la questione è stata ripresa in mano dalla nuova amministrazione comunale scledense, con l’accordo dei Comuni di Monte di Malo, Posina, San Vito di Leguzzano, Torrebelvicino, Arsiero, Velo d’Astico, Malo, Santorso e Valli del Pasubio e l’impegno formale da parte di tutti ad assumersi la quota parte delle spese per il mantenimento del servizio sul territorio. A luglio i Sindaci di Schio e San Vito di Leguzzano sono andati a Roma, a relazionarsi direttamente con il Ministero della Giustizia, per essere sicuri che le cose fossero fatte per bene e in regola con quanto richiesto dalla normativa e dai decreti attuativi ministeriali; e hanno ricevuto assicurazioni in tal senso.

Le spese ammontano, infatti, a circa 100.000 euro l’anno e il personale, messo a disposizione dai Comuni, come richiesto dal Ministero è di tre unità: un dirigente, cui affidare il ruolo di cancelliere – Schio; due impiegati amministrativi – uno per il civile e uno per il penale – provenienti dai comuni di San Vito di Leguzzano e Malo.

Tutto sembrava procedere per il meglio, come da accordi presi tra i Comuni e con il Ministero.

Il personale comunale aveva anche già ricominciato la formazione, il 9 ottobre scorso, ed era già affiancato ai colleghi del Ministero della Giustizia, che ancora lavorano presso la sede di Schio del Giudice di Pace.

Il paradosso

Il 29 ottobre la Corte d’Appello di Venezia scrive ai Sindaci: “…. per conto dell’Onorevole Ministro della Giustizia, esprimo il vivo ringraziamento per il contributo fornito nel delineare la nuova organizzazione degli Uffici del Giudice di Pace, quale giustizia di prossimità che avvicina l’istituzione al cittadino.”

Giovedì 6 novembre, la prima doccia fredda, con l’arrivo di una comunicazione dall’Ufficio del Giudice di Pace di Vicenza, che trasmette la circolare n. 76/2014 del Ministero della Giustizia, che gela Schio (e Asiago, altra sede per la quale si sta portando avanti un analogo progetto), in quanto dice che “…. Il personale messo a disposizione dagli Enti Locali per il mantenimento degli Uffici non inclusi nella tabella (quindi, Schio e Asiago) … dovrà rientrare all’Ente di appartenenza….”, con la sospensione di qualsiasi attività di formazione-affiancamento da parte degli Uffici di Vicenza (Tribunale e Ufficio del Giudice di Pace).

Stamattina la notizia che la decisione è già stata formalizzata dal Ministro della Giustizia con un Decreto datato 10 novembre 2014, che dovrebbe entrare in vigore il 25 novembre 

Cosa si può fare 

Azione politica congiunta dei Comuni coinvolti

Ricorso contro il decreto Ministeriale al TAR del Lazio entro 60 giorni dall’entrata in vigore.

di Redazione Thiene on line

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