Quanto è aperta l'Italia ai pagamenti alternativi - una panoramica per i turisti

Nel cuore delle città più visitate d’Italia, dai Navigli di Milano alle calli di Venezia, l’abitudine al contante sta lentamente cedendo il passo a un sistema più fluido e digitale. Oggi è normale avvicinare lo smartphone al POS in un’enoteca del Trastevere o pagare il biglietto della metro con una carta contactless ai tornelli della Stazione Centrale. 

Anche il tempo libero segue il ritmo di questa trasformazione: l’intrattenimento digitale ha preso slancio, con piattaforme che permettono di giocare con crypto in ambienti sempre più intuitivi e tecnologicamente avanzati. È un mondo in cui le criptovalute entrano con disinvoltura, sfruttando velocità e anonimato per semplificare l’accesso a servizi online d’intrattenimento. Tuttavia, il quadro non è uniforme.

L’approccio del sistema bancario italiano

Le banche italiane, storicamente prudenti quando si tratta d’innovazione, negli ultimi anni hanno spalancato le porte ai portafogli digitali. Da Intesa Sanpaolo a Unicredit, fino alle realtà nate in seno al fintech europeo, quasi tutti gli istituti offrono oggi compatibilità con i principali servizi di pagamento mobile. Ci sono N26, Revolut, e altre neobanche attive sul territorio, che hanno aiutato ad accelerare i ritmi, introducendo sistemi più snelli e pensati anche per viaggiatori in transito. Ma la geografia conta. In molti borghi del Sud, o nei territori montani del Centro, l’euro in contanti resta il re indiscusso.

Qui, una carta di credito straniera può facilmente diventare inutile davanti al registratore di cassa di una trattoria gestita da tre generazioni. Chi arriva da un paese cashless può incontrare ostacoli nella quotidianità del viaggio: dai piccoli bazar ai b&b rustici, la tecnologia non sempre fa parte della formula.

La regolamentazione delle criptovalute in ambito turistico

Sul fronte delle valute digitali, l’Italia si muove con curiosità ma piedi ben piantati a terra. Accettarne l’uso per pagamenti non è vietato, ma nemmeno incentivato con decisione dalle istituzioni. A Milano o Torino, qualche esercizio inizia a testare l’accettazione di crypto, ma più per spirito pionieristico che per reale diffusione del mezzo. In quei contesti, un avviso nel locale ci racconta già qualcosa: “Bitcoin accepted here” suona ancora come una sfida lanciata al futuro, più che una consuetudine.

Eppure, c’è fermento tra le realtà più giovani del panorama turistico italiano. Boutique hotel, ristoranti dal taglio contemporaneo e alcune startup nel settore delle prenotazioni online stanno iniziando a offrire opzioni alternative ai circuiti tradizionali.

In certi casi, pagare in Ethereum o USDT può persino garantire sconti o accessi privilegiati. Ma dietro ogni esperimento c’è una montagna di dubbi fiscali e normativi. 

L’esperienza dei visitatori stranieri

Chi arriva in Italia da capitali come Stoccolma, Toronto o Singapur spesso nota subito un certo divario. Il biglietto del tram può ancora richiedere monete a bordo in molte città, e nei mercatini locali, il POS resta un miraggio. Ma il trend si muove. A Roma, già lo scontrino in un’enoteca sotto il Pantheon può uscire senza che nessuno tiri fuori il portafogli.

Le carte contactless sono ormai accettate da quasi tutte le principali attrazioni, musei, mezzi pubblici, ristoranti inclusi. Sul lato digitale, la situazione è più positiva. Paypal è una costante nei circuiti turistici, così come le carte virtuali legate a portafogli esteri. Alcune realtà, in particolare tra chi offre esperienze su misura, dalle degustazioni private ai tour immersivi, hanno iniziato timidamente ad accettare anche stablecoin.

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