In soli due mesi dall’entrata in vigore, la nuova legge Brambilla ha già mostrato i suoi effetti: violenze e uccisioni di animali vengono punite con maggiore severità e i cittadini denunciano di più. È il caso di Bruno, cane-eroe ucciso con un boccone imbottito di chiodi a Taranto, o di Diego, lasciato morire chiuso in un garage a Reggio Emilia. E ancora Merlino, sgozzato in strada nell’Agrigentino, o Tequila, pitbull ritrovata massacrata a Gravina di Puglia. Episodi scioccanti che, grazie alla nuova normativa, non restano più impuniti.
La legge, entrata in vigore a luglio, prevede pene fino a 4 anni di carcere e multe fino a 60.000 euro per i maltrattamenti più gravi. Ma anche condotte una volta considerate “normali” vengono ora sanzionate: a Chieti, ad esempio, un uomo è stato multato di 1.000 euro per aver tenuto il proprio cane alla catena. Le sanzioni possono arrivare fino a 5.000 euro.
«È una svolta culturale e giuridica», afferma Michela Vittoria Brambilla, promotrice della legge e presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali. «Ora gli animali sono tutelati come esseri senzienti, non solo perché suscitano la nostra compassione. Le forze dell’ordine hanno strumenti concreti per intervenire e le persone iniziano finalmente a denunciare».
Secondo Brambilla, le oltre cento segnalazioni arrivate solo alla sua associazione, la Leidaa, testimoniano che la sensibilità sta cambiando. E con essa, anche la possibilità concreta di assicurare alla giustizia chi commette crudeltà verso gli animali.
