“Dobbiamo abbandonare gli estremismi e cercare piuttosto soluzioni fatte di equilibrio e coerenza. Ciò che serve sono piani di controllo, prevenzione e contenimento che permettano un rapporto ideale tra grandi carnivori e habitat naturale, senza mettere a rischio attività economiche, e insediamenti umani, né pregiudicare forme di zootecnia, allevamento, agricoltura, produzione lattiero-casearia e turismo, che finora hanno garantito il presidio e la tutela del territorio in aree e ambiti delicati come lo spazio alpino”.

Lo ha affermato il Presidente del Consiglio Regionale del Veneto Roberto Ciambetti relazionando a Bruxelles in occasione della riunione congiunta delle Commissioni Ambiente, cambiamenti climatici ed energia (ENVE) e Risorse naturali (NAT), in qualità di componente del gruppo ECR. All’ordine del giorno il tema della coesistenza di allevamento e grandi carnivori in Europa.

“La Direttiva Habitat richiede agli Stati membri di mantenere o ripristinare le popolazioni di grandi carnivori in uno stato favorevole, tenendo però conto delle ‘esigenze economiche, sociali, culturali e regionali’. In Italia i dati ufficiali Ispra riportavano tra il 2015 e il 2019 l’impatto stimato dei danni causati solo dai lupi sulle attività economiche in circa 9 milioni e 697 mila euro. Nell’ultimo biennio tuttavia la situazione è precipitata: a dirlo è sempre l’Ispra, che certifica un aumento abnorme dei lupi, stimati in oltre tremila esemplari su tutto il territorio italiano, oltre ad un forte incremento nelle regioni alpine, in particolare tra Veneto e Trentino, zone che hanno visto un ripopolamento dei grandi predatori assenti da secoli. Una situazione diversa da altre aree del territorio italiano dove sia il lupo appenninico sia l’orso marsicano convivono da sempre in equilibrio con l’essere umano”, ha proseguito Ciambetti.

“In Trentino, tra il 2015 e il 2021, la popolazione di orsi è cresciuta di un valore medio annuo del 10,3% sino a raggiungere e superare le 100 unità. In Veneto i numeri sono decisamente eloquenti: nel 2021, a seguito di diverse aggressioni, sono morti 605 capi di bestiame, 175 sono stati feriti e 209 dispersi; nel 2022, i capi morti sono stati 611, in aumento, i feriti 116 e i dispersi 96. Anche le aggressioni agli esseri umani da parte degli orsi iniziano ad assumere contorni inquietanti. In Trentino, lo scorso aprile, un’aggressione ha portato alla morte di un cittadino, seguita, pochi giorni dopo, al ferimento grave di un’altra persona: negli ultimi tre anni gli attacchi da parte degli orsi in Trentino si sono moltiplicati”, ha spiegato il Presidente.

“I numeri, tuttavia, non spiegano la complessa pericolosità del fenomeno la cui gravità cresce in modo esponenziale perché concentrata in aree ristrette. Danni, costi, aggressioni, ricadute socioeconomiche riguardano un territorio montano da secoli abbandonato dai grandi predatori che oggi, nel giro di pochi anni, è invece saturato da orsi e lupi che hanno messo a rischio le attività economiche e sociali di zone marginali, nelle quali lo spopolamento e l’abbandono del territorio da parte dell’uomo costituisce un pericolo reale per l’ambiente. Non possiamo limitarci ad affrontare il tema dei grandi predatori come legato esclusivamente al contesto ambientale ma dobbiamo necessariamente analizzarlo in relazione sia alle ricadute economiche sia a quelle sociali, legandolo ad un fenomeno, come quello delle spopolamento delle aree montane, che in Veneto per esempio si traduce in una perdita di attività e di presidi umani ma anche e soprattutto di cultura e saperi. Ecco perché, ripeto, dobbiamo procedere in modo trasversale, con una visione equilibrata e di ampio respiro”, ha concluso il Presidente Ciambetti.

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