Un bel reattore nucleare sulla Luna, perché no? Quella della Nasa è più di un’idea. Il nuovo (provvisorio) amministratore dell’agenzia, Sean Duffy, ha avanzato ufficialmente la proposta, da farsi entro entro il 2030. Un test: generare 100 kilowatt di elettricità – abbastanza per alimentare 80 case – e garantire energia stabile durante le interminabili notti lunari. Duffy vorrebbe costruire un sistema energetico permanente nello spazio. E’ la nuova frontiera della corsa allo spazio: anche Cina e Russia ci stanno lavorando.

Sulla Luna i pannelli solari non bastano. Funzionano (più o meno) sulla Stazione Spaziale Internazionale, ma non dove il buio è lungo e il Sole debole. E i generatori a plutonio delle Voyager, lanciati nel 1977 e ancora operativi, sono poco più che batterie evolute. Il reattore sognato da Duffy sfrutterebbe la fissione, come quelli terrestri: una valanga di energia da pochi chili di uranio. Secondo Bhavya Lal, ex dirigente Nasa, un solo chilogrammo potrebbe eguagliare un treno merci carico di carbone. “Questo cambia il paradigma”, dice.

“Non è fantascienza”, assicura al New York Times Sebastian Corbisiero del Dipartimento dell’Energia. Ma in pratica? Tempi stretti, fondi incerti, assenza di un vero avamposto lunare a cui serva tutta questa energia. Kathryn Huff, esperta di ingegneria nucleare, è scettica: “Senza una base da alimentare, è come costruire un generatore in mezzo al nulla”. E aggiunge: servono anni solo per le approvazioni burocratiche. Insomma, il 2030 è più uno slogan che una data realistica.

Un reattore lunare non può essere un impianto tradizionale. Deve pesare poco (meno di 15 tonnellate, dice Duffy), resistere a escursioni termiche estreme e funzionare senza acqua né aria. E va acceso solo una volta arrivato sulla Luna, ovviamente. Ma i primi studi commissionati nel 2022 non sono riusciti a stare sotto le sei tonnellate. “Non esiste ancora la tecnologia”, ammette Vincent Bilardo di Intuitive Machines. Il peso stimato di un sistema a fissione da 40 kilowatt è tra le 9 e le 10 tonnellate. Figuriamoci uno da 100.

Le aziende in gara, da Lockheed Martin a X-energy, non si scoraggiano. E c’è ottimismo anche sul lato dei lander: le versioni cargo della Starship (SpaceX) e della Blue Moon (Blue Origin) potrebbero trasportare i reattori. Se mai saranno pronte in tempo. Un funzionario NASA che ha commentato sotto anonimato non si fa illusioni: “Se ci diamo troppo tempo, non ci riusciremo mai”. Il vero timore è geopolitico: se Pechino o Mosca accendono prima il loro reattore, potrebbero imporre zone off-limits sulla Luna.

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