La cucina economica ci ricorda che si può vivere bene anche con poco. È un simbolo di resilienza, di ingegno popolare, ma anche di comunità: attorno a quella fonte di calore si cucinava, si parlava, ci si riuniva.

Nelle vecchie case di montagna, spesso dimenticate o usate solo d’estate, può capitare ancora di vederle: le cucine economiche a legna, testimoni silenziose di un’Italia contadina, dove il calore si misurava non solo in gradi ma in vita vissuta attorno al fuoco. Oggi sono oggetti quasi mitici, ma un tempo erano parte integrante della quotidianità di migliaia di famiglie.

Le cucine economiche nascono nell’Ottocento in Inghilterra e si diffondono in Italia tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Erano strumenti multifunzione: con un solo apparecchio si cucinava, si scaldava l’ambiente, si asciugavano i panni e si manteneva umido l’aria. Il tutto usando ciò che la natura offriva: la legna, scelta con cura in base al tipo di cottura. Come spiega lo chef Giorgione: «Per una fiamma viva si usano le conifere, per una fiamma duratura la quercia».

Il funzionamento era semplice ma ingegnoso: si caricava la legna nello sportello, si accendeva il fuoco partendo da piccoli rami e si controllava l’intensità della fiamma tramite il tiraggio dell’aria. Il calore si diffondeva rapidamente, e in pochi minuti la cucina era pronta per preparare zuppe, stracotti, caffè o cuocere il pane nel forno integrato.

Efficienza e ingegno popolare

Rispetto al camino tradizionale, la cucina economica aveva un rendimento molto più alto, con un’efficienza che poteva superare il 60%. Il piano in ghisa era progettato per cuocere direttamente con il calore del metallo, mentre i forni e i vani laterali permettevano di mantenere calde le pietanze.

In alcuni modelli, la canna fumaria veniva sfruttata per stendere i panni o riscaldare l’acqua in appositi serbatoi. Persino la cenere veniva recuperata: utilizzata come concime, detergente naturale o repellente per l’orto. Un esempio perfetto di economia circolare, prima che diventasse una moda.

Oggi le cucine economiche resistono in rifugi alpini, baite e case di campagna. Alcuni modelli moderni integrano persino il forno, la piastra a induzione o sistemi per riscaldare l’acqua dei termosifoni. Ma il fascino resta intatto. «In montagna ho trovato una cucina economica degli anni Sessanta e l’ho portata a casa in Umbria», racconta Giorgione. «Con quella cucino di tutto: pasta, carne, stracotti. È diventata il centro della mia cucina».

Oltre alla funzionalità, infatti, queste stufe raccontano un modo di vivere più lento, più consapevole, dove ogni gesto — anche accendere il fuoco — richiede tempo, attenzione e rispetto per le risorse.

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