Ha scosso la pizza italiana, ha tracciato una strada che in molti stanno già seguendo, ma soprattutto ha dimostrato che si può innovare partendo da un caposaldo. La “Marinara Atomica” è stata eletta Pizza dell’Anno 2025. A raccontarne genesi, visione e metodo è il suo ideatore: Francesco Martucci. La semplicità è il punto di partenza più difficile per chi vuole innovare. Eppure, Francesco Martucci l’ha scelta consapevolmente. La sua Marinara Atomica, oggi incoronata Pizza dell’Anno 2025 dalla guida 50 Top Pizza, prende una delle pizze più antiche, la marinara, e la porta in una nuova era. Non snatura, non complica: amplifica, evolve, riscrive. «La marinara è una pizza molto semplice all’apparenza, ma altrettanto difficile da eseguire. È storia della pizza. E quando tocchi un caposaldo, devi migliorarlo con rispetto.» Dopo la Futuro di Marinara nel 2016, la Marinara Atomica ha portato il pomodoro da semplice topping a protagonista assoluto: cotto per 12 ore, trasformato in ragù con cipolla e olio, in mousse con l’olio in eccesso, in concentrazione pura con il pomodoro secco del Piennolo. La cottura diventa non solo tecnica, ma anche filosofia. «Abbiamo cercato di non sprecare nulla. La conoscenza della materia ti permette di valorizzarla fino in fondo. È una pizza replicabile, sì. Ma serve competenza, sensibilità, rispetto.» Il metodo Martucci si riconosce anche nella scelta di cuocere l’impasto in tre fasi: vapore, frittura e forno. Una tecnica complessa ma replicabile, secondo lui, se si lavora con organizzazione, risorse e un investimento costante nella tecnologia. «In carta abbiamo quattro pizze cotte a tre temperature. Non è un lusso da laboratorio: si può fare, se ci credi. Oggi anche ristoranti tre stelle Michelin come Quattro Passi o lo spagnolo Muñoz propongono pizze ispirate al nostro metodo. Questo è il segnale che abbiamo fatto centro.» La sua è una visione ampia e profonda. L’ultima novità, che ha fatto molto parlare, è il percorso degustazione da dieci posti, in cui la pizza viene servita come in un’esperienza d’alta ristorazione, accompagnata da musica selezionata. «Mi chiedono spesso che ruolo ha Masanielli. Io dico che siamo come gli anni ’60 per la musica: una ventata di aria fresca in un mondo troppo spesso immobile. Chi entra da noi deve dimenticare l’orologio. Noi ci siamo, e facciamo tutto nel miglior modo possibile.» Un’esperienza sensoriale vera, pensata per coinvolgere il cliente e aumentare il valore percepito. E il pubblico risponde: i posti sono sempre esauriti, l’entusiasmo costante. Negli ultimi anni Martucci si è avvicinato al mondo dell’alta cucina, ma senza mai perdere di vista il cuore popolare della pizza. Dalle cene con Nino Di Costanzo alle collaborazioni con Latteria Sorrentina, l’obiettivo rimane uno: conoscere a fondo la materia. «Non è una questione di alta cucina, ma di conoscenza della materia. Se non la conosci, la sprechi. Io cerco di capire tutto, da un pomodoro puoi ottenere milioni di cose. Ma devi attraversarlo, smontarlo, ricomporlo.» Il 2025 è il settimo anno consecutivo ai vertici delle classifiche. Una costanza che nasce dal lavoro quotidiano, dalla passione e da una visione imprenditoriale chiara. «A noi non interessa cosa fanno gli altri. Costruiamo la nostra identità, che diventa destinazione. Anche se molti replicano i miei menù, certe cose si possono mangiare solo qui. Quando tracci una strada, dai un contributo vero al mondo della pizza.» E l’idea di una scuola? «Mi piacerebbe, sì. Ma oggi faccio ancora le pizze in prima persona. Quando arriverà il momento di staccarmi, sarò felice di insegnare. Oggi preferisco insegnare col mio lavoro quotidiano.» Con lui si allunga la lista dei pizzaioli casertani oggi ai vertici della scena nazionale. Ma esiste davvero una “scuola di Caserta”? Martucci risponde con la sua solita schiettezza: «Io sono sempre per la pizza che o è buona o non buona. In questo periodo storico si attribuiscono molte etichette: scuola casertana, napoletana, romana… In alcune cose ci sono differenze, è vero, ma se ne parlassi sarei di parte. E non sarebbe corretto verso gli altri colleghi. Distinguere per provenienza mi sembra una sorta di razzismo enogastronomico. Quello che conta davvero è la bontà. Il resto sono chiacchiere.» Un messaggio chiaro, che si allinea perfettamente con uno dei temi a lui più cari: l’impegno, il sacrificio, la cultura del lavoro. «Oggi tanti giovani si stanno facendo strada con idee nuove, e questo è bellissimo. Ma noi della vecchia guardia dobbiamo essere bravi a restare attuali. Come ho detto sul palco dell’ultima premiazione: l’olio di gomito vince sempre. La tradizione è come iniziare a camminare. Sta a noi vedere se possiamo migliorare qualcosa.»
Martucciland, come viene soprannominata la sua pizzeria, è una macchina perfettamente orchestrata: 600 metri quadri, 160 coperti, metà dello spazio dedicato alla cucina. Ogni postazione è connessa digitalmente, ogni prodotto tracciato, ogni processo ottimizzato in tempo reale. Ma non è solo una questione di numeri e tecnologia: è una questione di persone. «Tutto si regge sulla forza delle risorse umane. Se credono nel progetto, tutto è possibile. Senza squadra non vai lontano.» La tecnologia è parte integrante del suo lavoro, ma sempre subordinata alla sensibilità artigiana. «Serve. Ma dopo la sensibilità e dopo il duro lavoro. Prima di tutto devi capire la materia. Solo dopo arriva la macchina.» Gli ingredienti sono tutti eccellenti, dal San Marzano alla bufala campana, e la filiera è controllata in ogni dettaglio. «Noi abbiamo una filiera tracciata da sempre. Usiamo software di ultima generazione, controlliamo in tempo reale cosa succede in magazzino e in cucina. Ma non è solo controllo: è rispetto.» Una gestione trasparente, che tiene conto anche dei rincari e delle difficoltà del sistema Italia. «I costi sono alti. Se vuoi essere onesto, pagare il personale, essere trasparente, è inevitabile che i prezzi salgano. Ma io preferisco difendere l’etica, anche a costo di rinunciare a qualcosa. Non tradirò mai il lavoro di una vita per un euro in più.» E sul tema dei prodotti firmati, resta con i piedi per terra: «Il Fiordilatte Taglio a Mestiere nasce dalla collaborazione con Latteria Sorrentina. È merito loro, più che mio. Io non voglio gestire marchi: voglio continuare a fare pizze. È lì che sento di dare il massimo.» La Marinara Atomica è il simbolo di una rivoluzione silenziosa ma inarrestabile. Non urla, ma insegna. Non stravolge, ma eleva. Francesco Martucci dimostra che si può innovare restando fedeli a sé stessi. Che si può parlare al mondo partendo da un pomodoro. Fare scuola, in fondo, è questo: trasformare ogni morso in un’idea. E ogni idea in un contributo per il futuro della pizza italiana.
fonte Italia a Tavola
Valentina Ruzza
