Prima dei droni, dei veicoli blindati e della tecnologia militare moderna, c’era un altro tipo di forza sul campo: silenziosa, tenace e su quattro zampe. Per decenni, i muli sono stati l’anima operativa del Corpo degli Alpini italiani, veri protagonisti delle imprese militari in alta quota.
Oltre 50.000 esemplari hanno prestato “servizio” lungo le mulattiere delle nostre montagne, caricandosi sulle spalle fino a 150 kg tra munizioni, viveri e attrezzature. In territori dove nessun mezzo motorizzato poteva arrivare, su sentieri stretti, ghiacciati o coperti di neve, erano loro a garantire la sopravvivenza dei reparti.
Il mulo non era solo un animale da soma, ma un compagno di trincea. Ogni Alpino lo conosceva per nome, lo curava, lo proteggeva, e spesso ne condivideva il destino.
Quando le condizioni erano proibitive e tutto sembrava perduto, il passo regolare e infallibile di questi instancabili animali faceva la differenza tra il ritorno a casa e il sacrificio estremo.
Oggi, con il tempo che avanza e i racconti che rischiano di svanire, è giusto ricordare che le orme dei muli sulle montagne italiane non sono solo fisiche, ma anche storiche. Segni profondi di una fedeltà e di un coraggio che hanno aiutato a scrivere pagine indimenticabili della nostra storia militare.
I.A. (la foto è parte dell’archivio storico dell’Istituto Luce e testimonia l’importante ruolo dei muli nel supporto logistico delle truppe alpine durante la Seconda Guerra Mondiale)
