a cura di Anima Veneta
Quante volte avete sentito dire questa bizzarra espressione?
La prima volta che venne utilizzata l’espressione “repubblica delle banane” fu in un racconto dell’americano O. Henry (il nome d’arte di Williams Sydney Porter), uno scrittore nato nel 1862 che ebbe una vita molto avventurosa. Nel 1904 pubblicò una raccolta di racconti brevi dal titolo Kings and Cabbages (“Re e cavoli”).
Uno dei racconti, “L’ammiraglio”, era ambientato in uno stato di fantasia, la repubblica di Anchuria. Porter aveva inventato l’Anchuria sulla base della sua esperienza in Honduras tra il 1896 e il 1897: ci si trovava per sfuggire a una condanna per appropriazione indebita che lo aveva colpito negli Stati Uniti.
Porter descriveva Anchuria come un piccolo stato indipendente la cui economia era completamente basata sulle esportazioni di banane. Nel racconto questa situazione attira sul piccolo paese l’interesse di alcune grandi società americane interessate a coltivare le banane e a venderle negli Stati Uniti. Nel racconto queste società ottengono un monopolio delle banane, corrompono la classe politica, finanziano colpi di stato e, in poche parole, fanno il bello e il cattivo tempo.
In chiave moderna ed attuale, risulta a tuttora un’espressione dispregiativa del linguaggio politico e giornalistico che indica, metaforicamente uno stato instabile dal punto di vista politico, governata da un’oligarchia ricca e corrotta, la cui economia dipende solo da un modesto settore agricolo il cui controllo è in mano a multinazionali.
Il termine è spesso usato nella polemica politica per affermare la sottomissione di uno stato sovrano alle ingerenze politiche ed economiche di soggetti statali ed economici esterni
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