L’apertura del ponte tibetano a San Pietro Valdastico è un pezzo fondamentale per la svolta del turismo nell’area Pedemontana, dove anche l’Alto Vicentino, con le sue montagne, l’archeologia industriale e la storia del territorio, potrebbe cominciare a ‘vendersi’ bene a livello internazionale.
A dare l’input iniziale al turismo di massa nelle montagne dell’Alto Vicentino era stato Armando Cunegato, sindaco di Valli del Pasubio, che nel 2016 con il suo ponte a corde accessibile a tutti (e tra poco con il cubo di vetro sulla cascata di Brazzavalle), ha fatto arrivare migliaia di persone nel suo piccolo comune, facendo registrare da 2 anni il pienone costante a ristoranti, rifugi e hotel a Valli e dintorni. Una ‘flotta’ mai vista, che ha fatto recuperare all’Alto Vicentino la fiducia nelle sue potenzialità turistiche.
La stessa cosa potrebbe succedere a Valdastico, perché anche se il ponte tibetano e la ferrata ‘Anelli delle Anguane’ sono per alpinisti
esperti, che si muovono attrezzati con imbrago e corde, potrebbe essere proprio questa sua esclusività a fungere da richiamo per amanti della montagna in tutto il mondo.
Più o meno come succede in Trentino, dove le ferrate e le vie attrezzate vengono finanziate dalla Provincia, in nome del turismo.
A parlare di turismo di massa a Valli del Pasubio era stato Tarcisio Bellò, alpinista e scrittore, che torna sull’argomento pensando a Valdastico: “A differenza del ponte di Valli, questo non è per tutti, ma è molto importante nell’ambito di una prospettiva turistica ad ampio raggio per tutto il territorio.
Per il momento sicuramente non farà il ‘boom’ di accessi, ma avrà senz’altro una buona ripercussione per bar, ristoranti e hotel della valle dell’Astico. Diciamo che, se anche ci sarà un afflusso importante, stiamo parlando di un territorio che ha ancora scarsa frequentazione, quindi di sicuro non ci potranno essere danni all’ambiente”.
Bellò parla con numeri alla mano e non molto tempo fa, dopo aver contato le auto parcheggiate intorno al Pian delle Fugazze per calcolare l’indotto giornaliero nei weekend a Valli, aveva invitato banche ed imprenditori ad investire nelle montagne dell’Alto Vicentino.
“Se non vengono fatti investimenti in ambito turistico, la montagna è destinata a spopolarsi – ha continuato l’alpinista – Se invece, ai percorsi messi a nuovo e all’introduzione di elementi come i ponti tibetani o altre attrazioni, seguisse una proposta territoriale di area, con brochure e proposte che includono la permanenza di più giorni in aree più ampie del territorio e la proposta turistica alle fiere mondiali, la zona della Pedemontana e l’Alto Vicentino diventerebbero un’attrazione internazionale”.
Bellò ipotizza un percorso di più giorni che si snodi dalle montagne dell’Alto Vicentino, con i percorsi e la storia della guerra, fino alle cittadine ai piedi dei monti, ricche di archeologia industriale, architettura e arte locale. E poi via fino a Vicenza, con il Palladio ed il percorso orafo, per dare risposta a chi, con i viaggi, vuole appagare divertimento e conoscenza.
“In alternativa c’è la fuga dai territori montani – ha concluso Bellò – E questo diventa un problema anche per le scuole e le famiglie. Bisogna fare in modo che la gente rimanga a vivere in montagna e solo sviluppando il turismo si può fare. In certi contesti non si possono costruire fabbriche ed attività per ‘ancorare’ le famiglie, si deve puntare a portare visitatori, così si mantiene l’equilibrio tra l’uomo e la natura”.
Anna Bianchini