Pacchetti tutto escluso. Servizi aggiuntivi non richiesti attivi sulle sim. L’inchiesta di Altroconsumo in 50 punti vendita in 5 città – Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli –  ha messo in luce la poca trasparenza di Tim, Vodafone, Wind, Tre e Fastweb su servizi aggiuntivi non richiesti, imboscati nei contratti. La forza vendita non contribuisce a chiarire le idee al consumatore.

Il catalogo dei balzelli è ampio: dall’ascolto della segreteria telefonica ai servizi “ti ho cercato”, dai costi di attivazione a quelli per rinnovare il proprio piano tariffario, al canone mensile per l’antivirus, tutti già attivati sulla sim al momento della sottoscrizione del contratto. Nel caso in cui questi servizi non siano disattivati dal consumatore, il prezzo dell’offerta sottoscritta potrebbe anche raddoppiare.

Alcuni possono essere successivamente bloccati, ma le disattivazioni sono macchinose, da effettuarsi al telefono con il servizio clienti, mai nei negozi, oppure attraverso il sito internet. Soprattutto prevedono che l’utente abbia consapevolezza che si tratti di servizi a pagamento: non sempre è così.

L’inchiesta di Altroconsumo. Per ciascun gestore visitati dieci punti vendita, due in ogni città dell’inchiesta. L’intento era di cambiare operatore, con un’aspettativa di domande su quale fosse il profilo di consumo o le necessità di utente. Il profilo preso in considerazione: 500 minuti di chiamate, pochissimi sms (meno di cinque al mese, per il resto Whatsapp) e un giga per navigare. Nemmeno un addetto alle vendite su due (48%) ha voluto saperlo, né ha chiesto quale fosse la tariffa in uso. Il 32% delle offerte consigliate conteneva minuti illimitati, cosa assolutamente inutile per il profilo e che avrebbe fatto lievitare il costo fisso mensile fino a 15 euro. Anche per quanto riguarda internet si punta in alto: il 36% ha proposto tariffe con più di 10 giga mensili.

Nei punti vendita pochi sforzi per adeguare la proposta alle esigenze del cliente, tanti per occultare i costi dei servizi attivati preventivamente sulle sim, lasciando l’utente alla propria esperienza e al proprio credito residuo. Sono i costi extra soglia, quelli su cui gli addetti preferiscono glissare più frequentemente. I negozi che non li menzionano, neanche quando si fa riferimento a possibili spese aggiuntive, sono quasi tutti: 48 su 50.

 

Nel frattempo ha segnalato i risultati dell’indagine ad AGCOM e Antitrust chiedendo di attivarsi affinché le società di telefonia inseriscano nella comunicazione al pubblico delle offerte commerciali il prezzo finale pagato dal consumatore, comprensivo di tutte le sue componenti.

Questa inchiesta si inserisce nel quadro di poca trasparenza delle telefoniche: niente di nuovo sotto il sole. Anche con la vicenda della  tariffazione a 28 giorni, il consumatore ha subito un aumento della spesa annuale dell’8,6%. Con il ritorno alla tariffazione mensile, stabilito dalla legge di bilancio, l’incremento è stato spalmato sui 12 mesi, senza aumentare in proporzione i servizi offerti. Infatti chi aveva per esempio un contratto che includeva 500 minuti di chiamate ogni quattro settimane, usufruiva di 6.500 minuti complessivi all’anno. Ora che i 500 minuti tornano a essere accreditati ogni mese (quindi due o tre giorni dopo), i minuti annuali disponibili per le chiamate diventano 6.000. Con la conseguenza che il costo del singolo minuto diventa maggiore. E lo stesso vale per il corrispettivo degli sms e del traffico dati. Insomma, la nuova legge è stata interpretata dalle società di telecomunicazioni come un’occasione per farsi un ulteriore regalo. Per i cittadini doppio danno, doppia beffa.

 

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