Il 2020, oltre all’anno della pandemia, sarà ricordato come quello del boom del commercio elettronico. Le misure di distanziamento sociale, le restrizioni alla mobilità e la chiusura delle attività commerciali per contrastare la pandemia, hanno generato una straordinaria crisi di domanda, con un calo delle vendite al dettaglio del 5,4%, combinazione di un aumento del 3,7% delle vendite di beni alimentari e di una caduta del 12,2% dei prodotti non alimentari. L’analisi dei dati dell’Istat pubblicati venerdì scorso mettono in luce alcune tendenze della spesa per consumi nell’anno della crisi da Covid-19.

Boom e-commerce – Nell’ultimo anno le vendite di commercio elettronico sono salite del 34,6%, arrivando a raddoppiare nell’arco degli ultimi quattro anni: nel 2020 l’indice del valore delle vendite di e-commerce è aumentato del 104,8% rispetto al livello del 2016, con una accelerazione della crescita nell’ultimo triennio: con il tasso di incremento che passa dal +12,1% del 2018 al 18,3% del 2019 fino al 34,6% dello scorso anno.

Raddoppiano le MPI che vendono in Rete.  L’escalation dell’e-commerce, se da un lato ha determinato lo spiazzamento di vendite sui canali tradizionali, dall’altro ha stimolato la reattività di un’ampia quota di piccole imprese che hanno diversificato i canali di vendita e intensificato le vendite in Rete.  Raddoppiano sia le MPI che fanno vendite di e-commerce tramite il proprio sito web (dal 9% prima dell’emergenza all’attuale 17,2%, +8,2 punti percentuali) sia quelle che vendono  in Rete mediante comunicazioni dirette come e-mail, moduli online e social network, (che salgono dal 15,6% pre emergenza, al 27,8%).

Per vendite no food 2020 peggio delle due precedenti recessioni (2007-2014) – Le perdite di vendite al dettaglio di prodotti non alimentari nel 2020 (-12,1%) sono superiori al calo delle vendite cumulato nell’arco delle due precedenti recessioni: tra il 2007 e il 2014 l’indice delle vendite al dettaglio no food, infatti, scende del 10,1%. Per i prodotti della moda l’intensità del calo registrato nel 2020 è addirittura doppia del calo cumulato nelle due precedenti recessioni, tra il 2007 e il 2014: nell’arco di sette anni le vendite cumularono un calo del 12,4% per abbigliamento e dell’11,1% per le calzature e articoli in pelle.

Tenuta dei negozi alimentari di prossimità – Tornando all’esame dei dati sul commercio al dettaglio, nel 2020 le vendite alimentari delle imprese operanti su piccole superfici sono salite del 4,1%, registrando un aumento pressoché in linea con quello della grande distribuzione (+4,4%).

Più penalizzati i prodotti della moda – Nel 2020 le vendite al dettaglio registrano le flessioni più intense della media per foto-ottica, pellicole, compact-disc, cassette audio-video e strumenti musicali (-14,0%), prodotti di cartoleria, libri, giornali e riviste (-14,1%), giochi, giocattoli, articoli per lo sport ed il campeggio (-15,2%); i cali diventano drammatici per abbigliamento e pellicce (-24,2%) e  calzature, articoli in pelle e da viaggio (-24,5%). Nel caso dei prodotti della moda il calo di vendite del 2020 è più del doppio della perdita accumulata nella successione delle due precedenti recessioni, tra il 2007 e il 2014: nell’arco di sette anni, in infatti, le vendite scesero del 12,4% per abbigliamento e dell’11,1% per le calzature e articoli in pelle. La caduta della domanda finale si ripercuote pesantemente sui produttori della moda, il comparto manifatturiero più colpito dalla crisi. 

‘Dicembre nero’ delle vendite no food – La seconda ondata di contagi, le restrizioni alla mobilità e la recessione in atto ha determinato a dicembre 2020 un calo del 3,1% delle vendite al dettaglio rispetto a dicembre dell’anno precedente; tale andamento è la combinazione di un aumento del 6,6% delle vendite di prodotti alimentari e una severa flessione del 9,4% di quelle dei prodotti non alimentari., la caduta più accentuata nell’arco dell’ultimo ventennio. Le flessioni più marcate per Abbigliamento e pellicceria (-23,4%) e Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-14,6%), che si confermano i segmenti merceologici maggiormente penalizzati dalla crisi Covid-19.

 

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