“Dobbiamo liberare il tempo dei docenti per fare in modo che si dedichino all’insegnamento”.
Con queste parole il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha aperto la tavola rotonda ‘La burocrazia frena la scuola’ organizzata dalla Gilda degli Insegnanti, per lanciare l’allarme sullo spreco di energie e tempo a cui sono costretti gli insegnanti italiani oberati da compiti che nulla hanno a che fare con la didattica. Per il ministro l’eccessiva burocratizzazione della scuola è legata alla complessità della struttura organizzativa “che continua a essere schiacciata sul modello del preside come dirigente. La sburocratizzazione- ha sottolineato Bianchi- si fa con un’amministrazione efficiente e capace di interpretare il proprio ruolo che non può essere coercitivo. Da anni non si investe nella pubblica amministrazione e siamo al 40% del personale necessario per far funzionare la macchina”.
Ancora sull’esigenza di semplificare, il ministro dell’Istruzione ha rimarcato che anche il modo in cui si legifera rappresenta un problema, “perché si sta andando verso norme sempre più specificate e questo non fa bene alla scuola italiana”, nella quale, invece, occorre dare “più spazio alle responsabilità”. In merito alla necessità di snellire le leggi, il coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio, ricordando che la scuola è un’istituzione il cui compito è formare i futuri cittadini, ha chiesto alla politica “meno leggi cum grano salis e di smetterla di far ricadere sui docenti sempre più insegnamenti, come per esempio educazione stradale, sessuale, ambientale, scaricando i problemi della società sulla scuola. Tutto questo ci porta a ridurre la funzione fondamentale dell’insegnante”. Sul fardello burocratico che i docenti sono costretti a portare sulle spalle, è intervenuto anche Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani: “Compilare mucchi di relazioni e rapporti ha un senso soltanto se qualcuno li legge e se da questi scaturiscono provvedimenti e decisioni. Ma l’impressione è che finiscano nel cassetto”. Riguardo, poi, le retribuzioni, richiamando un’indagine condotta recentemente dal suo Osservatorio, Cottarelli ha rimarcato che “in media gli insegnanti italiani sono pagati meno rispetto ai colleghi europei, soprattutto se si considera la progressione di carriera”. E proprio alla luce di ciò, secondo il direttore dell’Ocpi, sarebbe stato opportuno destinare i fondi del Pnrr “più alle persone che alle cose”. D’accordo con Cottarelli sull’inutilità delle tante “scartoffie” prodotte nelle scuole anche Di Meglio, secondo il quale tutte le ore impiegate dai docenti nei compiti burocratici “andrebbero portate al tavolo contrattuale”. Tra i relatori, anche Riccardo Nencini, presidente della commissione Istruzione del Senato, che ha puntato l’attenzione sulla necessità di collegare gli investimenti previsti dal Pnrr a “una vera riforma strutturale dell’intero sistema della conoscenza, per evitare il rischio di compiere un percorso a metà”. Sul tema del precariato e del concorso si è, invece, espresso Mario Pittoni, vicepresidente della commissione Istruzione del Senato, secondo il quale “è urgente riattivare i percorsi formativi abilitanti per frenare l’emigrazione di docenti all’estero. Bisogna dare una risposta ai precari storici che da 15 anni tengono in piedi il sistema facendo risparmiare lo Stato senza essere mai assunti, altrimenti- ha avvertito- si rischia l’emergenza sociale”. “Le segreterie delle scuole e gli insegnanti sono stalkerizzati da scadenze e adempimenti che spesso non hanno alcuna finalità, siamo a un punto di non ritorno”, ha affermato Carmela Bucalo, componente della commissione Lavoro della Camera, secondo la quale “l’unica certificazione di qualità che la scuola deve dimostrare di avere è un corpo docenti in grado di accompagnare i ragazzi nei percorsi di vita”.
Sul rinnovo contrattuale si è soffermato, invece, Gianluca Vacca, componente della commissione Cultura della Camera, denunciando il grave ritardo nell’apertura del tavolo negoziale e sottolineando che “la gratificazione del lavoro docente deve essere anche economica”.
“Siamo entrati nel triennio contrattuale nuovo- ha spiegato- e stiamo ancora aspettando quello del triennio precedente. Ciò dimostra che la politica si è arenata e non riesce a stare al passo con i cambiamenti che il mondo della scuola è costretto a subire”. Di Meglio ha concluso i lavori augurandosi che “la politica la smetta di complicare la vita dei docenti e ascolti il grido di dolore di chi chiede soltanto di poter lavorare con i propri alunni”