Sta facendo impensierire più di qualche esperto il rientro incontrollato del razzo cinese che ha inviato in orbita il primo modulo della nuova stazione spaziale permanente.

Un bel siluro dal peso che supera complessivamente le 22 tonnellate e per il quale pur conoscendone la traiettoria risulta davvero complicato far previsioni.

Di fatto molto dipenderà dal momento in cui l’atmosfera lo disintegrerà e dal modo in cui la sua carcassa si frantumerà in migliaia di detriti che potrebbero però conservare ancora un peso significativo anche in considerazione della velocità con la quale andrebbero poi a scagliarsi  al suolo.

Long March 5b, decollato dall’isola di Hainan il 29 aprile trasportando il modulo ‘Tianhe’ dovrebbe rientrare sabato 8 maggio: una dimostrazione del rapido progresso che la nazione orientale sta compiendo in ambito spaziale, insinuandosi in un terreno finora quasi esclusivamente monopolizzato da Russia e Stati Uniti.

E proprio gli americani, con una nota ufficiale del Pentagono, hanno chiarito che stanno monitorando attivamente la situazione nonostante le rassicurazioni cinesi sulla “remotissima possibilità di detriti che al più cadrebbero negli oceani o in spazi non popolati”.

Rassicurazioni che non sono matematica e che non hanno fugato dubbi anche sul possibile coinvolgimento di aerei in volo: situazioni non nuove dato che i cinesi, già nei precedenti lanci con Tiangong-1 nel 2018 e Tiangong-2 nel 2019, avevano rischiato analoghe problematiche causate da ‘rientri’ ancora una volta fuori controllo.

Al momento il razzo si trova in caduta ad un’altitudine stimata poche ore fa poco sotto i 300 chilometri: come nei kolossal apocalittici non resta che affidarsi ad un lieto fine.

M.Z.

 

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