L’intelligenza artificiale è argomento molto discusso. Opportunità o rischio? Ne parlano autorevoli esperti italiani. L’obiettivo è andare oltre i luoghi comuni e i pregiudizi. E prevedere un futuro, molto vicino, in cui le applicazioni dell’AI aiuteranno a realizzare una società e un mondo migliori. Ma come?

UGO PALUSODI

L’ingegnere informatico Ugo Padulosi, impegnato nell’R&D di Eurotech punta a una straordinaria capacità dell’AI: “È uno strumento che ci consentirà di sbagliare meno. E forse essere più felici. Tutto quello che facciamo è mirato a essere più felici. Ma dobbiamo chiederci se l’AI insegue davvero la nostra felicità oppure la sua“. In effetti, sono due realtà ben diverse, che vanno analizzate sul piano tecnico e su quello del lavoro e dei consumi. “Nel primo caso- aggiunge Padulosi- cambierà la costruzione dei nostri pensieri, con il rischio che potremmo anche diventare più stupidi o cambiare le definizioni stesse di ‘stupido’ e ‘intelligente’”. Il quesito su come cambierà il mondo del lavoro è tuttora aperto. Per l’ingegnere occorre fare attenzione a non creare un’economia dove sarà importante solo consumare.

ROBERTO SIAGRI

Roberto Siagri, esperto di tecnologie digitali è orientato agli utilizzi concreti dell’AI e dei suoi sviluppi. “L’intelligenza artificiale è con noi da praticamente 60 anni– ha spiegato- ma solo ora ce ne stiamo accorgendo perché è diventata utilizzabili da tutti a bassi costi e perché gli archivi digitali sono ormai ricchissimi di dati”. Ma cosa farci? “Il 50 per cento dei dati oggi disponibili- aggiunge l’esperto- è stato generato negli ultimi 3 anni e la crescita dei dati continuerà. Grazie all’AI potremmo realizzare una vera mobilita’ sostenibile e risolvere i problemi energetici. Con l’AI potremmo accelerare la scoperta di nuovi farmici e sconfiggere quasi tutte se non tutte le malattie“. Obiettivo: “un nuovo modello economico e sociale sostenibile”. Un pizzico di cautela è sempre necessaria: “L’AI potrebbe essere pericolosa solo se rimaniamo ancorati ai passati paradigmi che tra l’altro sappiamo che dobbiamo cambiare. L’AI invece diventa la più grande nostra amica se vogliamo un progresso sostenibile ovvero la nostra sopravvivenza a lungo termine”.

FEDERICO FAGGIN

Federico Faggin, uno dei più grandi inventori italiani, per lo sviluppo del computer e dell’informatica. Veneto, ha lavorato da sempre negli Stati Uniti, dove oggi è naturalizzato, e dove ha praticamente inventato il microprocessore, fondamentale per l’era digitale, e ha contribuito al perfezionamento dei touchscreen. Le sue riflessioni sono profondamente umanistiche: “Un’intelligenza artificiale sarebbe capace di replicare i sentimenti, senza provare nulla”, afferma Faggin discutendo di differenze fra uomo e macchina. Perciò “saremo sempre un passo avanti al computer, intanto perché lo abbiamo inventato noi. Per permettere il progresso dell’umanità serve grande responsabilità: la macchina è un mero strumento, è l’uomo invece che ha anima e coscienza per usare le intelligenze artificiali”.

LAURA SNIDARO

Lauro Snidaro, professore in informatica alla Università di Udine, appartiene alla generazione successiva a quella di Siagri e Faggin. Riflettendo sulle applicazioni industriali, sottolinea che “la capacità dell’AI di simulare l’intelligenza umana e automatizzare compiti complessi ha implicazioni di vasta portata: trasformare e rendere più efficienti i processi produttivi, rivoluzionare il servizio clienti con i chatbot e il trasporto con i veicoli autonomi, oltre a consentire decisioni più informate nel settore della sanità, dalla finanza, del marketing, della ricerca scientifica”. Le soluzioni create dalle AI sono personalizzate e dirompenti. “Tutto ciò- avverte Snidaro- presenta anche sfide etiche, preoccupazioni per la privacy. È fondamentale sfruttare il potenziale dell’IA affrontando queste sfide per garantire benefici alla società nel suo complesso”.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia