Sono finiti i vecchi tempi in cui un succhiotto sul collo, segno d’amore di cui di solito ci si accorge al mattino, si nascondeva con una sciarpa, una risata e buonanotte al secchio.

Dopo il caso di un 17enne messicano, deceduto per un’embolia provocata da un succhiotto, il famoso ‘morso d’amore’ torna sul banco degli imputati e questa volta, la condanna è ‘violenza sessuale’.

E non c’è da sorridere o sminuire il fatto, meglio farci attenzione per non incorrere in sanzioni o finire addirittura in prigione.

Il succhiotto sul collo, ‘morso d’amore’ in voga soprattutto tra gli adolescenti, rischia di non finire più sotto la lente di ingrandimento solo di mamme e papà, ma può essere analizzato in tribunale e l’autore, denunciato per violenza.

Lo ha stabilito la Cassazione,  con la sentenza n. 47265/2016, respingendo il ricorso di un uomo contro la decisione d’appello che lo aveva condannato a 6 anni e 2 mesi di carcere per il reato di lesioni personali aggravate ai danni della sua amante. All’uomo è stato contestato di aver lasciato un succhiotto alla donna con l’intenzione precisa di ‘marchiarla’ in modo visibile a chiunque fosse interessato ad una relazione con lei.

Il succhiotto sul collo quindi è considerato un atto consapevolmente impresso come marchio di possesso, che esprime erotica al pari di quelli sulle zone erogene.

A.B.

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