La scuola è finita e il bilancio è di un anno che per gli insegnanti è stato una battaglia.

Ben 33 violenze fisiche accertate e 81 stimate a danno dei professori da parte di genitori e alunni.
È uno dei primi problemi che dovrà affrontare il nuovo ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti. Politici, educatori, dirigenti ed esperti concordano: la figura dell’insegnante ha perso autorevolezza.
Da nord a sud gli insegnanti se la sono vista brutta in tutta Italia.
La rivista Tuttoscuola ha dovuto finanche creare un contatore di aggressioni per fare una stima precisa della portata di questo fenomeno che non sembra volersi arrestare.
L’ultimo caso è avvenuto proprio pochi giorni fa in Veneto, per la precisione a Caselle di Selvazzano in provincia di Padova.
A farne le spese è Francesca Redaelli, 60 anni, (nella foto di Orizzonte Scuola), insegnante di ruolo dal 1987 e dal 2003 professoressa di inglese alle medie “Albinoni” di Caselle di Selvazzano dove si è arrivati a superare ogni limite. Colpevole di aver dato un quattro a un alunno è stata brutalmente malmenata dalla madre dello stesso. Sul viso porta i segni di un ceffone che sembrava più un pugno, la frattura del setto nasale e un “edema bilaterale esterno”, come recita il referto.
Questo l’episodio con cui si conclude un anno scolastico all’insegna di violenze fisiche e verbali inaudite e ingiustificate che sembrano essere frutto di un romanzo distopico sul mondo dell’istruzione.
La professoressa padovana dichiara che “Ho paura di tornare a scuola, ma non indietreggio di un passo.” e aggiunge “Negli ultimi anni è cambiato l’atteggiamento delle famiglie, ma la scuola non può sopperire alle mancanze dei genitori. Siamo arrivati al punto che in alcuni casi evitiamo di ricevere le mamme o i papà da soli, ma siamo affiancati da un collega perché c’è il rischio che venga travisato quel che diciamo. Io non credo di aver sbagliato, sono una insegnante che vuole trasmettere ai suoi alunni il senso del dovere e dell’impegno per ottenere i risultati. Io dico sempre ai miei studenti che prima sono figli e poi alunni, e che le cose funzionano bene se c’è collaborazione fra scuola e famiglia. “
Annina Botta
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