Rischia di aprirsi un nuovo capitolo della vicenda “Dieselgate” dopo la pubblicazione di uno studio che ha messo in evidenza la reale concentrazione nell’aria di sostanze tossiche provenienti dai tubi di scappamento di veicoli diesel.

La ricerca, pubblicata sulla rivista “Nature” ha dimostrato che le emissioni di ossidi di azoto verificate su un campione di undici aree  (Australia, Brasile, Canada, Cina, Ue, India, Giappone, Messico, Russia, Corea del Sud e Usa) superano i limiti consentiti.

Le emissioni diesel prodotte da veicoli pesanti, come bus e truck e quella delle auto rappresentano il 20% delle emissioni totali prodotte dall’uomo. Inoltre, lo studio ha messo in relazione la concentrazione nell’aria di ossido di azoto con l’aumento di morti premature, che nel solo 2015 hanno raggiunto quota 38 mila.

La dottoressa Susan Anenberg dell’Environmental Health Analytics di Washington, che ha guidato il team di ricerca, ha dichiarato che: “I veicoli attualmente emettono più ossidi di azoto nella vita reale rispetto ai test di laboratorio”.

Questo dato farebbe supporre che le rilevazioni delle emissioni di ossido di azoto, eseguite in fase di collaudo da parte delle case produttrici di autoveicoli, possano essere falsate. Secondo la ricerca, questo rischio è maggiore in Europa dove – a differenza che nelle altre zone esaminate nelle quali i maggiori responsabili sono i mezzi pesanti – sono proprio le auto a superare i limiti di emissioni.

Secondo gli studiosi nel 2015 sono state 4,6 le tonnellate di ossido di azoto emesse in eccesso in tutto il mondo, un dato che potrebbe diminuire garantendo l’adozione di standard di controllo dei veicoli pesanti in tutte le aree del mondo. In effetti, non tutti i Paesi hanno provveduto ad adottare dei protocolli rigidi sulle emissioni né hanno adottato rigide misure di contenimento. Armonizzare gli standard potrebbe evitare circa 104 mila morti premature entro il 2040.

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