di Nicola Perrone

Poi uno si interroga sul malcontento che monta tra i cittadini. Vari sondaggi segnalano l’insoddisfazione dei più per il proprio lavoro, adesso i nuovi dati Ocse offrono una chiave per capire i motivi. Tra le grandi economie europee noi siamo il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più: 7,3 per cento in meno nel 2022 rispetto all’anno precedente, addirittura del 12 per cento rispetto al 2008, l’anno della grande crisi finanziaria.

Al centro del problema la crescita dei prezzi con i redditi che restano al palo, il tutto aggravato da una produttività che ristagna. Oggi la media degli stipendi in Italia è di 35mila euro l’anno rispetto ai 46mila euro degli altri paesi europei. Parliamo di salari reali, quelli rapportati ai prezzi e quindi il reale potere di acquistare beni e servizi col nostro reddito da lavoro. Gli studiosi da tempo segnalano i punti di crisi: calo demografico, forza lavoro anziana e poco istruita, mercato dei capitali poco dinamico, ridotta dimensione delle imprese, un capitalismo ancora di tipo familiare incentrato sulla logica del controllo.

Questo il quadro allarmante, che per molti cittadini è ormai un grave problema quotidiano, assente però dal dibattito politico, tutto incentrato a parlare di quello che accadrà tra anni, su bonus e referendum sul Jobs act, che nulla hanno a che vedere col dramma di salari con sempre minore potere d’acquisto. Un dramma sociale che cresce, che nessuna forza politica però sembra avere il coraggio di affrontare.

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