di Fabrizio Carta

Va sempre più di moda utilizzare parole straniere, alcune volte per bisogno tecnico, tante altre per darsi un tono, i politici quasi sempre per nascondere una fregatura!

Negli ultimi tempi non si sente parlare altro che di cashless, “senza denaro”, che vista la crisi ci potrebbe anche stare. Il nostro gobierno, invece, indica con cashless l’obiettivo di ridurre l’uso del contante a favore dell’utilizzo della moneta elettronica.

Lo scopo dichiarato è quello intramontabile della lotta all’evasione, sempre di moda dai tempi dei Romani fino ad oggi, rilanciare i consumi e infine combattere la diffusione del Covid, o almeno così dice Giuseppi.

Ma sarà eliminare il contante il modo giusto per combattere l’evasione? E soprattutto, quanto costerà la rivoluzione dei pagamenti alle imprese?

Per primo analizziamo il costo sostenuto dalla collettività; per sostenere questo piano, infatti, si pensa di finanziare il progetto con ben tre miliardi di euro.

L’impegno di spesa, già previsto nella legge di bilancio per il 2020 e poi reimpiegato per l’emergenza coronavirus, pare che sarà rifinanziato con la conversione in legge del decreto agosto. Questi soldi saranno destinati alla lotteria degli scontrini, cashback, supercashback, e solo in piccolissima parte andranno alle imprese attraverso un credito d’imposta.

La lotteria degli scontrini, di cui sentiamo parlare da un bel po’ di tempo, e sempre rinviata per svariati motivi, partirà dal primo gennaio 2021. Sarà una vera e propria estrazione a sorte per la quale sono previsti premi fino a 5 milioni di euro. La partecipazione è legata allo scontrino emesso nei negozi «fisici» dietro pagamento con moneta elettronica.

Il cashback, è una forma di bonus che partirà dal primo dicembre, che premia chi effettuerà pagamenti sempre in modalità dematerializzata con un credito pari al 10% della spesa con un tetto massimo di 1500 euro ogni sei mesi, con un minimo di 50 transazioni, e riuscendo ad ottenere quindi sino a 300 euro di rimborso all’anno. Il sistema è più o meno quello dei bollini della spesa, il che è tutto dire: non viene conteggiata la spesa pagata con moneta elettronica, ma ad ogni acquisto verranno assegnati dei punti/euro, che faranno cumulo ai fini dell’ottenimento del bonus, di modo che il meccanismo incentivi il numero delle transazioni, soprattutto quelle più piccole, e non il valore complessivo della spesa.

Novità degli ultimi giorni il supercashback, ovvero un premio da 3 mila euro all’anno per i primi 100 mila “classificati” della graduatoria cashback, con possibilità di controllare la propria posizione e l’andamento della classifica, aggiornata in base ai propri acquisti, sull’apposita applicazione destinata al progetto cashless, denominata IO (e una batteria di pentole per i primi dieci estratti no?).

Facendo il conto dalla parte delle imprese, l’incentivazione dei pagamenti digitali, in primo luogo, eroderà gli utili delle aziende con l’aumento esponenziale dei costi legati alle transazioni elettroniche. Sappiamo benissimo che ad oggi molti commercianti non accettano pagamenti con carte e bancomat al di sotto di una certa soglia proprio per via delle esose commissioni richieste dagli intermediari finanziari.

A questo riguardo c’è solo un impegno degli operatori del mercato per ridurre le commissioni, assunto su base individuale e spontanea, ma niente di definitivo o di formalizzato.

Delle commissioni sull’uso delle carte, i commercianti riuscirebbero a recuperare solo il 30% sotto forma di credito d’imposta, disposizione già attiva dal 1° luglio scorso. Usiamo il condizionale perché l’agevolazione si rivela essere per i piccoli esercenti solo un inutile spot. Per ottenere il beneficio, infatti, molti commercianti poco avvezzi al digitale dovrebbero delegare il proprio consulente pagandone il servizio; ciò comporterebbe un costo diretto che rende poco appetibile, se non addirittura sconveniente, questo ennesimo bonus.

L’altra spesa “imposta” è l’adeguamento del software del registratore telematico per renderlo compatibile con tutto il circo informatico messo in piedi per gestire la lotteria degli scontrini. Alla prima spesa “imposta” accollata ai piccoli esercenti ad inizio anno, che li ha obbligati alla sostituzione di tutti i vecchi registratori di cassa con i nuovi registratori telematici che trasmettono i dati estemporaneamente all’agenzia delle entrate, si aggiungerà questa nuova spesa cascata dall’alto, che sicuramente in tempo di crisi molti avrebbero evitato.

Lo Stato fa l’innovazione digitale, ma paghiamo sempre noi!

Per non parlare poi degli altri rischi intrinsechi connessi ad esempio alla riservatezza dei dati personali, la cosiddetta privacy. Tutti i nostri dati e gli importi delle nostre spese viaggeranno infatti in rete attraverso diverse piattaforme e saranno elaborati da più soggetti, tra cui l’Agenzia delle Entrate. Potete stare tranquilli che ne farà un uso molto efficace, raffrontando tutte le spese con i redditi dichiarati, e rispolverando il buon vecchio redditometro.

Un altro problema è quello etico, legato alla leva sulla ludopatia, negli ultimi anni diventata una piaga per molte famiglie, che anziché essere combattuta, viene utilizzata e stimolata attraverso queste poco condivisibili e molto discutibili scelte di governo.

Per rubare una bella battuta al mio collega Enrico Zanetti, in previsione “con il cashback viene restituita una percentuale di quanto speso con bancomat o carta di credito, con il super-cashback viene dato un premio di 3.000 euro ai 100.000 italiani che fanno più strisciate con bancomat e carte di credito; con il giga-super-mega-cashback verranno estratti a sorte i 600 parlamentari della prossima legislatura. Per ora siamo solo alla fase due di tre, ma dategli tempo.”.

Ad maiora! E giocate responsabilmente

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