Dolore nei rapporti sessuali. E un’alta probabilità di non riuscire ad avere figli. Per le donne con endometriosi, 3 milioni soltanto in Italia, i problemi di salute rischiano di interferire nella vita di coppia, portando a separazioni e abbandoni. Se, infatti, la patologia inizia a colpire già durante l’adolescenza, tra i 20 e i 35 anni insorgono i sintomi maggiori: dolori pelvici, anche devastanti, soprattutto nella fase del ciclo e dell’ovulazione, stanchezza fisica cronica, fino ad amnesie e disturbi di attenzione. Inoltre la presenza della malattia nella pelvi provoca spesso infertilità: il 40% delle donne con endometriosi ha problemi nel procreare.
“L’endometriosi è la presenza di endometrio al di fuori della cavità uterina, normalmente nella pelvi, una patologia a forte impatto fisico, emotivo e relazionale, con ripercussioni sul lavoro e nei rapporti sociali e con il partner- spiega Pietro Giulio Signorile, presidente della Fondazione Italiana Endometriosi-. Oltre due terzi delle pazienti presentano forti dolori durante i rapporti sessuali, la percentuale di infertilità è alta e spesso gli uomini non riescono a dare adeguato sostegno, preferendo rinunciare alla relazione. Un atteggiamento alimentato da due fattori: il ritardo diagnostico medio di 8-9 anni, che ancora oggi grava sulla malattia prolungando sofferenze e incomprensioni, e l’assenza di cure mediche. Ad oggi si possono combattere solo i sintomi della malattia, con terapie ormonali, alimentazione antinfiammatoria e integratori che, riducendo infiammazione e dolori, incidono sulla percentuale di crescita dell’endometriosi”.
“Purtroppo la ricerca scientifica sull’endometriosi è molto sottofinanziata e senza nuove risorse gli studi necessari a trovare una cura non possono concludersi- osserva il Prof. Signorile-. La Fondazione Italiana Endometriosi ha raggiunto fino ad oggi risultati di grande risalto, stiamo per concludere lo sviluppo di un test diagnostico su sangue che potrebbe rilevare la malattia già in fase precoce, risparmiando anni di sofferenze, e siamo al lavoro su diversi progetti promettenti per individuare terapie utili a guarire la malattia. Infine, abbiamo creato una community online, un luogo di confronto e informazione, per supportare le pazienti. L’obiettivo è concludere gli studi per aiutare le pazienti e restituire loro una qualità della vita migliore, ma per raggiungere il traguardo la ricerca deve essere finanziata“.
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