Chi invia un atto a una casella Pec deve accertarsi che non torni indietro il messaggio di mancata ricezione. E nel caso la consegna non riesca, mandare il documento con la posta ‘tradizionale’ al domicilio fiscale del destinatario. Il solo invio a una casella Pec, infatti, non può portare a considerare quell’atto come ufficialmente notificato. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, con una sentenza che ha chiuso una spinosa controversia.

La notifica di un atto non si perfeziona se la casella PEC è piena

Mancata ricezione di un atto a causa della casella PEC piena? Il mittente, in questo caso, ha l’obbligo di inviare la comunicazione presso il domicilio fiscale del destinatario. È quanto ha stabilito l’ordinanza n. 16125/2023 della Corte di Cassazione , che sancisce il non perfezionamento della notifica anche quando la causa sia imputabile al destinatario, come ad esempio la casella di posta piena.

Nel momento in cui si riceve un messaggio tramite la posta elettronica certificata, infatti, i provider mettono in atto una serie di regole tecniche, stabilite dalle normative in vigore al fine di evitare possibili problematiche. In merito InfoCert, il Qualified Trust Service Provider leader in Europa, evidenzia come in caso di problemi nella fase di consegna del messaggio a una casella PEC , il sistema genera un avviso di mancata consegna visibile al mittente e indicante l’errore che lo ha generato, come ad esempio la mancata consegna per saturazione della casella PEC o l’inesattezza dell’indirizzo e-mail del destinatario.

Secondo quanto riportato dai giudici, infatti, non si può ritenere che la notifica si sia perfezionata con il primo invio telematico, anche nel caso di saturazione della casella PEC, che rappresenta un evidente comportamento negligente del ricevente. L’ordinanza della Corte di Cassazione ha quindi respinto le tesi dei giudici di merito, che avevano inizialmente ritenuto inammissibile un appello perché avevano equiparato, erroneamente, la ricevuta di mancata consegna della PEC, generata dal sistema informatico, con il perfezionamento della notifica dell’atto.

La vicenda

La parte soccombente in primo grado ha proposto appello contro la sentenza dei giudici, che è stato dichiarato inammissibile dalla Corte d’Appello per la tardività della notifica. Gli appellati, infatti, eccepiscono che la notifica dell’impugnazione della sentenza è stata inoltrata oltre i limiti di tempo previsti, producendo come prova il messaggio di mancata consegna per casella postale piena.

In seguito alla decisione della Corte, la parte soccombente decide di presentare ricorso in Cassazione perché ritiene che l’appello non sia tardivo. I giudici di merito hanno ritenuto inammissibile l’appello perché hanno considerato perfezionata la notifica a mezzo PEC, equiparando la mancata consegna del messaggio, causata dalla saturazione della casella di posta elettronica certificata, al rifiuto di ricevere l’atto. I giudici di legittimità intervengono accogliendo il ricorso, confermando che l’appello è ammissibile perché comunicato prima del decorso del termine.

In questi casi, aggiunge la Corte di Cassazione, se la notifica telematica non è stata consegnata per il raggiungimento dei limiti di spazio della casella PEC del destinatario è necessario attivarsi e inviare la comunicazione presso il domicilio fisico.

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