‘1,5 milioni di tumori non vengono diagnosticati. Governo si dimostra incapace di gestire la seconda e annunciata ondata di Covid-19’. A dichiararlo è Sergio Berlato,
Deputato italiano al Parlamento europeo. L’esponente di Fratelli d’Italia, dopo aver letto gli ultimi report, incalza: ‘Allarmanti le conseguenze della paralisi sanitaria creata dalla seconda ondata di Coronavirus. Una situazione dovuta alla mancanza di programmazione e di gestione da parte del Governo, colpevole di non aver agito quando era il momento di prepararsi per far fronte alla recrudescenza del virus. Una paralisi del sistema, totalmente assorbito dall’emergenza coronavirus, che sta causando la mancata diagnosi di circa 1,5 milioni di tumori. Una visita di controllo su tre salta e le prestazioni specialistiche diminuiscono in alcune regioni addirittura del 60%. Una situazione surreale, così come è surreale un Governo che, in questa situazione di grave rischio per la salute delle persone, pensa di utilizzare le risorse del Recovery Plan destinando appena 9 miliardi alla sanità contro i 17 per la parità di genere. Ma in Italia non si muore solo di Covid19. Il Governo se ne renda conto prima che sia troppo tardi’.
Secondo le ricerche di Cittadinanzattiva, la presenza della pandemia ha influito negativamente sugli screening oncologici, riducendoli dal 40% al 70%, in base alle regioni prese in esame. Lo stesso tipo di variazione è avvenuto a livello dei protocolli sanitari adottati a livello regionale: se durante l’autunno alcune Regioni hanno scelto di dirottare tutte le forze sulla gestione della pandemia, rimandando gli interventi già in calendario, sono state solo tre quelle che invece sono intervenute sulle terapie intensive in modo da rafforzare i posti disponibili.
La prima parte del 2020 è stata determinante per il calo della diagnostica tumorale. Al primo posto dei mancati screening è stato il tumore del colon-retto, con una riduzione del 54,9% delle diagnosi tra gennaio e maggio 2020. Le regioni più provate dalla mancata diagnosi di quello che è uno dei tumori più aggressivi sono state Calabria e Lazio, rispettivamente con una riduzione del 72,8% e 72%.
A seguire, sono diminuiti sensibilmente gli screening mammografici, -53,8%, con una riduzione delle diagnosi pari a 2099 casi rispetto ai primi cinque mesi del 2019. In questo caso, le regioni con un negativo più evidente sono state la Toscana, -40,7%, e Calabria, -71,2%. Anche i Pap Test sono scesi a causa del Coronavirus: si tratta del -55,3% sul territorio italiano e -1.675 casi di diagnosi. Il calo maggiore l’ha subito la Calabria, -63%, -41,2% a Bolzano e -42% nelle Regioni Friuli Venezia Giulia e Molise.
Con l’avvento di quella che è stata di fatto la seconda ondata della pandemia, è arrivata un’ulteriore batosta. Non è stato possibile, infatti, recuperare tutte quelle prestazioni diagnostiche dedicate ai tumori rimandate nei mesi precedenti ma, ancora peggio, si sono dilatati ulteriormente i tempi di attesa. Se l’Abruzzo ha sospeso i ricoveri in agenda a 60, 180 giorni e 12 mesi, cioè di classe di priorità B, C e D, altre regioni come Calabria, Campania, Lombardia e Puglia hanno dovuto optare per una sospensione totale dei ricoveri già programmati, anche di classe di priorità A.
Le differenze a livello regionale si sono sentite anche nelle terapie intensive e nell’adeguamento dei posti disponibili nelle unità di terapia intensiva. In previsione della seconda ondata di Covid-19, solo tre regioni (Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Veneto) hanno agito in maniera efficace per adeguarsi o superare la soglia prevista dal Governo, ovvero 14 posti per 100mila abitanti. Al 9 ottobre 2020, la Campania era riuscita ad aggiungere solo 92 posti al numero stabilito di 499; anche le Marche, purtroppo, sono rimaste sotto soglia con solo 12 posti mentre l’Umbria, da parte sua, non è riuscita ad aumentare di una sola unità il numero delle disponibilità.
«Così come l’emergenza sanitaria ha portato alla luce l’inadeguatezza dell’assistenza territoriale in troppe aree del nostro Paese, allo stesso modo appare evidente che solo un’idea comunitaria di sanità […] è in grado di garantire un meccanismo più efficace di lotta alle disuguaglianze», ha dichiarato Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva. «Una sanità – e una conseguente organizzazione dei servizi sanitari – concepita in tal modo raggiunge le persone laddove sono, propone percorsi che tengono conto dei loro bisogni di salute e delle informazioni di cui dispongono per soddisfarli, garantisce la prossimità e rende possibili, attraverso essa, politiche di accesso facilitato, di prevenzione, di aderenza alle cure che sono presupposto di salute per tutti i cittadini»