Ogni anno in Italia si stima che circa 50 donne muoiano di parto; un dato medio-basso ma che potrebbe essere dimezzato. Nella metà dei casi il decesso avviene per emorragia e nelle regioni del Sud accade più di frequente che al Nord. Ma, oltre al luogo di residenza, ci sono altri fattori di rischio, come l’aumento dell’età materna, condizioni di deprivazione sociale e l’utilizzo del cesareo laddove non necessario.
Nel momento in cui l’Italia si interroga su una serie di episodi fatali in sala parto, gli esperti però rassicurano. “Non c’è motivo di allarmismo”, commenta all’ANSA Serena Donati, responsabile del Sistema Sorveglianza Mortalità Materna dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). “In Italia – precisa Donati – abbiamo un tasso medio basso di mortalità materna, pari a 10 morti su 100.000 nati vivi (ottenuto dall’incrocio di certificati di morte con schede di dimissioni ospedaliere in un periodo di osservazione dal 2006 al 2012), che porta a una stima complessiva di 50 morti l’anno. Siamo in media con Regno Unito e Francia. Nei Paesi occidentali la media è 20 su 100.000, mentre il dato migliore è quello dei Paesi Bassi con 6”.

La diversità regionale si conferma caratteristica italiana. “In Toscana il rapporto è di 5 decessi ogni 100.000 nati vivi, in Campania il più alto con 13”, specifica. La morte materna è, infatti, un indicatore della qualità complessiva del sistema sanitario. Per questo il Ministero della Salute ha messo in atto un sistema di sorveglianza attivo che prevede l’analisi di ogni singolo caso attraverso audit clinici. “L’obiettivo – spiega Donati – è quello di capire a seguito di quali criticità organizzative avvengono questi episodi e su cosa investire: per ora abbiamo solo i dati del 2013 e 2014 relativi a 6 regioni (Sicilia, Campania, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte), che parlano complessivamente di 39 decessi”.
Se è vero che il numero delle morti non può essere azzerato, è però molto comprimibile e “in quasi la metà dei casi potrebbero essere evitate” sottolinea. Tra le complicazioni ostetriche registrate, l’emorragia post partum è la più frequente e copre il 52% delle morti. “Nella maggior parte dei casi – prosegue – è dovuta ad atonia uterina, ovvero mancanza di contrattività delle pareti dell’utero che dovrebbe aiutare i vasi sanguigni a chiudersi. La seconda causa, con il 19%, sono i disordini ipertensivi di gravidanza come eclampsia e preeclampsia, seguono le tromboembolie con il 10%.
Abbiamo anche individuato 4 casi di puerpere morte a causa dell’influenza, una vera e propria sconfitta, considerato che in molti casi sarebbe evitabile con i vaccini consigliati per le donne in gravidanza”. Diversi i fattori che aumentano il rischio, tra questi l’età materna. “Con l’età aumentano i fattori di rischio, ovvero diabete, pressione alta, sovrappeso e qualsiasi altra forma patologica cronica”. Ma ad avere un peso, conclude, sono anche “le condizioni di deprivazione sociale e il basso livello di istruzione, così come l’utilizzo del taglio cesareo laddove non previsto da indicazioni mediche” (fonte gds.it)

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia