Lo scenario è chiaro, ora serve un’azione decisa: è questo l’appello che parte dalla comunità scientifica e dalla Community delle persone con HIV in vista della 17a edizione di Icar – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, che si tiene dal 21 al 23 maggio al Padova Congress. I numeri più recenti mettono in luce la crescita dei contagi e le diagnosi tardive. Dall’altra parte, vi sono gli strumenti avanzati messi a disposizione dalla ricerca scientifica: la terapia antiretrovirale permette di garantire una sopravvivenza alle persone con HIV sempre più simile a quella della popolazione generale; la regolare assunzione della terapia può sopprimere la viremia fino a renderla non rilevabile e il virus non trasmissibile. Gli obiettivi pertanto sono chiari: servono test, trattamenti rapidi, attenzione alla qualità di vita delle persone destinate a convivere con l’infezione, strategie per prevenire le comorbidità, la diffusione del concetto U=U (Undetectable=Untrasmittable).

A PADOVA IN 1200 PER ICAR 2025

Per la XVII edizione di Icar, per la prima volta in Veneto, sono attesi oltre 1.200 tra clinici, giovani ricercatori, infermieri, operatori sociali, volontari delle associazioni della Community, per un’iniziativa che si conferma punto di riferimento per la comunità scientifica in tema di HIV-AIDS, Epatiti, Infezioni Sessualmente Trasmissibili, virus emergenti e altre tematiche infettivologiche di attualità. Icar è organizzato sotto l’egida della Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, delle maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica e della Community. I presidenti di questa edizione sono la Prof.ssa Annamaria Cattelan, Direttore Uoc Malattie Infettive Aou Padova; Paolo Meli, Associazione Comunità Emmaus (Bergamo), referente Cica – Coordinamento Italiano Case Alloggio per persone con HIV/AIDS; Prof. Saverio Parisi, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università di Padova; Prof. Stefano Rusconi, Direttore Unità Operativa Malattie Infettive – Ospedale di Legnano (Milano).

paolo meli Icar

Secondo i dati 2024 del COA dell’Iss, il numero complessivo di persone con l’infezione da HIV in Italia è stimato intorno a 140mila, con prevalenza pari a 0,2 per 100 residenti. Le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2023 sono maschi nel 76% dei casi. Nell’ultimo decennio è aumentata la quota di diagnosi tardive (persone in fase clinicamente avanzata, con bassi CD4 o in AIDS): il 60% aveva un numero di linfociti CD4 inferiore a 350 cell/µL.
“Mai come oggi è chiaro cosa si debba fare- sottolinea Paolo Meli- Anzitutto, bisogna facilitare l’accesso ai test per far emergere il sommerso, quindi rivedere le regole di ingaggio favorendo, per esempio, l’approccio opt-out, che aiuta a normalizzare il test HIV, rendendolo meno stigmatizzante. Si devono raggiungere soprattutto coloro che non pensano di avere l’HIV non riconoscendo i propri comportamenti a rischio o che incontrano maggiori barriere di accesso al test, come i migranti e chi vive in condizioni di fragilità sociale: si stima un che siano circa 9mila le persone inconsapevoli dell’infezione. L’altra leva è la soppressione virale: 25mila persone hanno un’infezione attiva, la maggior parte perché faticano a curarsi con continuità o perché, appunto, non diagnosticati. Mettere queste persone in trattamento e sostenere l’adesione alla terapia permetterebbe di massimizzare l’effetto ‘treatment as prevention’: non solo ne beneficerebbe la salute personale, ma l’intera collettività verso l’azzeramento della trasmissione”.

IN VENETO AUMENTO DEL 9% DEI CONTAGI

I dati del bollettino del COA rilevano un aumento di casi nella maggior parte delle regioni italiane. Il Veneto non fa eccezione, con un aumento del 9% (163 casi nel 2023 rispetto ai 150 del 2022), in linea con la media nazionale del 10%, con un’incidenza di 1,1 per 100mila residenti.

LE NUOVE SFIDE DELL’HIV, ATTENZIONE A COMORBIDITÀ E INVECCHIAMENTO

“Le sfide poste dall’HIV si stanno rinnovando- aggiunge Paolo Meli- L’efficacia della terapia porta a riflettere sull’invecchiamento delle persone con l’infezione. Aumentano le comorbosità e le possibili interazioni farmacologiche. Inoltre abbiamo importanti strumenti di prevenzione come la Profilassi Pre-Esposizione. I significativi progressi scientifici non implicano pertanto una sconfitta dell’infezione, ma devono costituire lo stimolo a rinnovare l’attenzione verso una realtà che ha mutato alcuni aspetti fondamentali”.

IL LAVORO DELLE ISTITUZIONI E L’APPELLO PER STRATEGIE EFFICACI

Le istituzioni percepiscono il contesto rinnovato e sono al lavoro per un quadro normativo adeguato. Le sezioni M e L del CTS (Comitato Tecnico Sanitario) hanno realizzato il nuovo “Piano Nazionale d’Azione per porre fine all’HIV, alle epatiti virali e alle infezioni sessualmente trasmesse (PNA HIV-EP-IST)” che è all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni. Una volta completato l’iter, questo strumento potrà consentire all’Italia, al pari di altri paesi in Europa, di lavorare su obiettivi ambiziosi e attraverso azioni integrate per migliorare l’accesso ai test; formare il personale sanitario e sociale; assegnare un ruolo più incisivo alla scuola; coinvolgere il terzo settore; favorire la prevenzione e la continuità della cura. La proposta di legge presentata dall’On. Mauro D’Attis il 13 ottobre 2022 per riformare la Legge 135/90, attualmente è all’esame in Commissione Affari Sociali; propone una serie di interventi per contrastare l’HIV, il Papilloma Virus e le IST, tra cui l’abbassamento del limite di età senza autorizzazione dei genitori per l’accesso al test HIV a 14 anni, la promozione della cultura della prevenzione, il riconoscimento ufficiale del terzo settore. La legge di bilancio 2025, articolo 1, comma 380, ha stanziato 5 milioni di euro per l’implementazione di interventi per la prevenzione e la lotta contro il virus HIV, il papilloma virus umano e le malattie a trasmissione sessuale.
“I provvedimenti in atto recepiscono gli aspetti più urgenti- commenta Paolo Meli- Tuttavia, in questa fase bisogna trasformare questi principi in strategie efficaci. Finora è stato fatto un ottimo lavoro, grazie alla collaborazione tra clinici e associazioni, ma è necessario svilupparlo e garantire adeguate risorse”.

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