Avete mai chiesto ad un Oss, l’operatore socio assistenziale quanto guadagna per un’ora di lavoro? Provate a farlo e scoprirete la vergogna di qualcosa che fa pensare non solo ad un terzo mondo culturale, ma a qualcosa che è simile allo sfruttamento. Stiamo parlando di circa 8 euro lorde, che al netto diventano 5 e vengono i brividi a pensare che queste persone, autentici ‘angeli’ di una società che invecchia, fanno i conti con un mondo ‘delicatissimo’, dove il lavoro dei tecnici che mancano è spesso delegato a loro. L’operatore socio assistenziale si occupa di anziani, ma anche di disabili, casi a volte molto difficili, che richiederebbero la supervisione di ‘esperti’. Basta guardare le braccia delle Oss per notare i graffi di ragazzi disabili, che non comunicando adeguatamente, ricorrono a gesti che sfociano spesso nella violenza per farsi capire. Non è colpa loro, è il loro non sapere comunicare adeguatamente che li porta alla frustrazione, che delle volte, sfogano in maniera ‘fisica’ contro questi gli assistenti che li seguono a scuola e nei centri, dove li accudiscono. Con una dedizione che trova motivazione non in quella paga misera che spesso sono costrette ad accettare per necessità, ma per quella missione d’aiuto nei confronti di una fascia di persone ‘fragili’, che loro amano prima di ogni tipo di guadagno. Disabili e anziani che le famiglie non riescono ad accudire tutto il giorno e Dio benedica questi operatori, che alleviano le difficoltà di intere famiglie e non protestano mai.

Per loro nessuno scende mai in piazza, nonostante la loro figura oggigiorno sia da  proteggere e da rivalutare come non è stato fatto fino ad ora. Perchè la figura dell’operatore socio assistenziale è necessaria alla luce dell’invecchiamento demografico ed il numero di anziani che aumenta e che ad una certa età, ha bisogno di figure professionali che si occupino di loro per imboccarli, per curarli come l’oss fa. Stesso discorso per la disabilità, con queste operatrici necessarie nelle scuole, dove cambiano i pannolini ai bambini, a volte ragazzi, non autosufficienti. Li aiutano nell’igiene personale e nelle esigenze quotidiane, a cui certi soggetti affetti da handicap non sanno fare fronte. L’oss, insomma, è una figura imprescindibile nel nostro sistema sanitario e non possiamo permetterci che manchi. Si fermerebbe il cuore pulsante dei servizi. Ma pagandola in modo da mortificarla, è chiaro che sarà costretta a lasciare la sua missione prima o poi.

Una carenza che sarà uno tsunami

“La carenza di operatori sociosanitari ci pone di fronte a una vera e propria emergenza, pari a quella relativa al personale medico. Di fatto, il sistema convive con un vuoto di assistenza nei servizi alla persona che nei prossimi anni rischia di produrre uno tsunami sociale. Chi potrà assistere anziani soli, persone affette da disabilità, malati ricoverati nei centri servizi o nel sistema di cure domiciliari? Si tratta di un fenomeno diffuso a livello nazionale, ma che segna anche il Veneto”. A sollevare finalmente in questi giorni il caso, sono state  le consigliere regionali del veneto Orietta Salemi e Anna Maria Bigon della V Commissione Sanità, che hanno fatto il punto sulla carenza di questa categoria.

A preoccupare Orietta Salemi e Anna Maria Bigon sono due questioni fra di loro dipendenti: se da un lato, negli ultimi anni, il numero di operatori sociosanitari cala, dall’altro aumenta il tasso di anzianità in Veneto. Al riguardo si richiama lo studio fatto nel 2018 dal Centro Studi e Formazione Nazionale di Anaao Assomed sulle fragilità demografiche, sanitarie e economico-sociali . Oltre a queste due variabili indipendenti ma correlate, a complicare le cose sono le modifiche degli stili di vita, con famiglie sempre più “spezzettate”: i figli sono lontani dai propri genitori per ragioni occupazionali e non possono più prendersi in cura del familiare che è costretto a restare solo.

“Serve investire risorse per costruire nuove leve sul lavoro, magari permettendo a chi si accosta a queste professioni – rispondono Salemi e Bigon – di beneficiare di sgravi o contributi per abbattere i costi dei corsi di formazione che gravano sulle famiglie. Anche i Comuni potrebbero attivarsi per istituire borse di studio per queste professioni. E ancora: bisogna che la Regione si faccia promotrice di una massiccia campagna di promozione della figura dell’operatore sociosanitario e incentivi la formazione, prevedendo ad esempio nel caso di scarsa domanda un’ulteriore finestra”.

C’è anche Usb ad interessarsi del mondo degli operatori socio assistenziali e lancia petizione

Quello dell’operatore socio sanitario nella funzione di “addetto all’assistenza personale di persone non autosufficienti” è considerato “lavoro gravoso” e quindi dovrebbe beneficiare di pensione anticipata (es. quota 41). A complicare la cosa però è la burocrazia, tanto per cambiare! All’atto della domanda di pensione anticipata infatti un semplice codice Istat blocca il sacrosanto diritto al prepensionamento. In pratica, il ministero del Lavoro ha dimenticato di inserire il codice corrispondente alla figura dell’O.S.S., tra i “lavori gravosi”. Alcuni enti per sopperire alla svista del ministero hanno inquadrato i propri dipendenti da O.S.S. a “Operatore socio assistenziale” (O.S.A.), opzione che permette tramite variazione del codice il prepensionamento, ma trattasi di atto non propriamente corretto, nonché rischioso, poiché potrebbe avere ripercussioni anche sul salario.

Siamo vicini a quegli O.S.S. che al raggiungimento dei 60 anni e più, sono costretti per una “svista” ad assistere e sostenere persone poco più anziane di loro o giovani disabili iperattivi. Per questo continueremo nella nostra lotta con l’intento di rendere giustizia!

Seguiranno iniziative e mobilitazioni sul tema.

Invitiamo anche ad un atto concreto firmando una petizione, iniziativa spontanea di un nostro iscritto OSS di USB: http://chng.it/4KnCkLZVMR

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