“Quella che chiamiamo ‘dipendenza da smartphone’ è solo la punta dell’iceberg di un problema molto più profondo, che riguarda la qualità delle relazioni umane, in particolare quelle affettive ed educative, e si manifesta già nelle prime fasi della vita. L’uso del telefonino inizia ormai prestissimo, anche durante l’allattamento: sempre più spesso vediamo madri che allattano guardando lo schermo del cellulare invece del volto del proprio bambino. Questo mina le fondamenta della sintonizzazione affettiva, che si costruisce proprio attraverso lo sguardo e la condivisione delle emozioni”. A sottolinearlo è Giuseppe Ducci, direttore del Dipartimento Salute Mentale Roma 1, nel corso della conferenza organizzata, questo pomeriggio a Roma, dall’Intergruppo parlamentare prevenzione e riduzione del rischio con l’intento di accendere un faro su un problema emergente e in continua crescita. “La sintonizzazione emotiva, che è alla base della regolazione affettiva, è stata progressivamente sostituita dalla connessione- ha continuato Ducci- Ma sintonizzazione e connessione sono due concetti profondamente diversi, quasi opposti. I social, e TikTok in particolare, hanno generato un boom della connessione, ma a scapito della relazione emotiva autentica”. C’è un dato chiave, sottolineato da Ducci, e di cui in diverse occasioni ha parlato il neuropsichiata infantile Stefano Vicari: “Nel 2013, con il crollo del prezzo degli smartphone e il loro ingresso massivo come regali della prima comunione, è cambiato tutto”, ha detto Ducci. “L’età di primo utilizzo- ha continuato Ducci- si è abbassata drasticamente e si è assistito a un’esplosione dell’utilizzo dei social da parte dei più giovani, in una fase cruciale per lo sviluppo delle aree deputate alla regolazione emotiva. Questo ha contribuito all’aumento di disturbi esternalizzanti – come cutting, autolesionismo, uso di sostanze, disturbi alimentari e comportamenti violenti (in particolare digitali, come il cyberbullismo) – e internalizzanti, come ansia, depressione e ritiro sociale”. Tra il 2020 e il 2021, con il lockdown e la didattica a distanza, “la situazione è ulteriormente precipitata. Gli adolescenti hanno perso contesti normativi e relazionali fondamentali: la scuola, la socialità tra pari, la possibilità di essere regolati dalle frustrazioni e dai no. I genitori hanno perso l’autorità educativa, con una grave incapacità a dire no e una paura terribile dell’infelicità, della frustrazione e della rabbia dei figli. E la scuola ha cominciato a perdere colpi”. E i numeri, come ha spiegato Ducci, parlano chiaro: “Nella nostra unità operativa dedicata alla fascia 14-25 anni – l’unica in Italia – i pazienti in carico sono passati da 800 a 1.800 negli ultimi quattro anni. Non possiamo dire che questo aumento sia solo colpa degli smartphone, ma è evidente che questi dispositivi abbiano giocato un ruolo centrale. I disturbi che osserviamo sono quasi tutti legati a una disregolazione emotiva-affettiva. Alcuni dati nazionali ci indicano che, nella fascia adolescenziale, i casi di disturbi alimentari sono triplicati e i comportamenti autolesivi o i tentativi di suicidio sono raddoppiati nel periodo post-Covid, senza però un aumento del tasso di suicidi. È un segnale chiaro di disagio profondo. Il punto fondamentale è che lo smartphone non è solo causa, ma anche sintomo: è parte di un circolo vizioso in cui la tecnologia entra nelle pieghe di un sistema affettivo e sociale già fragile. Parliamo di una ‘erranza del sintomo’: in uno stesso ragazzo possono comparire, a fasi alterne, autolesionismo, disturbi alimentari, aggressività o abuso di sostanze. È un quadro dinamico e complesso, difficile da ricondurre a una singola diagnosi”.
