Favorire “una presa di responsabilità da parte di tutti i partecipanti, le famiglie, le persone autistiche, per una autorappresentazione della popolazione neurodivergente. Arrivare a una visione globale dell’autismo che purtroppo in Italia manca nonostante gli sforzi delle associazioni, dei singoli e di alcune realtà che funzionano. Manca una presa in carico e quella coscienza in prospettiva dell’autismo, dalla diagnosi al ‘dopo di noi’. Manifestiamo e lottiamo per dare opportunità alle persone autistiche e servizi alle loro famiglie nell’arco di tutta la vita”. Cristiana Mazzoni di ‘Famiglie unite per l’autismo‘ presenta così gli obiettivi principali della manifestazione indetta per domani, giovedì 9 settembre, a piazza Montecitorio dal coordinamento delle famiglie di persone con autismo.

Nel corso della manifestazione, sarà chiesto un primo incontro tra una rappresentanza dell’associazione e rappresentanti del Parlamento o del governo. L’iniziativa, la cui petizione ha già raccolto oltre 11mila firme, è autonoma, senza alcun coinvolgimento del mondo delle associazioni. “La nostra – spiega Danila Aloisi, altra promotrice dell’evento – è una manifestazione autonoma perché in tutti questi anni non ci siamo sentiti rappresentati dalle associazioni che non sono riuscite a portare avanti tutte le nostre istanze ed esigenze. Qualcosa non ha funzionato. Le associazioni – tiene a precisare – in questi anni hanno sicuramente speso tutto il loro impegno, ma comunque ci è mancato un sostegno decisivo e fermo nel richiedere l’applicazione delle leggi esistenti. Quindi, è molto importante che noi famiglie andiamo per prime a chiedere un confronto con le istituzioni per evidenziare e colmare mancanze evidenti che hanno peggiorato in modo pesante la qualità di vita delle persone autistiche e delle loro famiglie”.

Proprio riguardo al confronto necessario con le istituzioni, Cristiana Mazzoni chiarisce: “La nostra manifestazione non vuole essere solo una protesta, ma anche una proposta di collaborazione e di confronto proattivo. Il nostro documento programmatico – aggiunge – vuole essere lo spunto per aprire un confronto che porti a un cambio di paradigma sull’autismo, col recupero di una funzione anche sociale delle persone che ne sono affette. Oggi – prosegue – domina una visione dell’autismo fortemente medicalizzata, sempre in chiave di deficit da compensare rispetto alla popolazione neurotipica. Invece bisogna riaffermare che l’autismo fa parte di quel 2% della popolazione che è neurodivergente, che è una condizione permanente, che un 30/40% della popolazione autistica ha anche delle compromissioni organiche complesse e una disabilità intellettiva. A noi servono risposte per tutte queste persone e per le loro famiglie”.

Un altro aspetto “sul quale puntiamo la nostra attenzione – aggiunge Aloisi – è la differenza esistente tra le varie Regioni, per cui in Toscana sono previsti contributi per la disabilità gravissima che mancano in altri territori. Non vogliamo che ci siano Regioni di serie A e di serie B. Chi più delle stesse persone autistiche e delle loro famiglie può andare a interloquire con le istituzioni per segnalare cosa manca, per sensibilizzare riguardo al fatto che abbiamo bisogno ancora di tanto aiuto e che questo aiuto venga offerto in modo diverso dal passato”.

La manifestazione del 9 settembre poggia le proprie basi su un corposo documento programmatico che ha ottenuto numerose sottoscrizioni e che analizza il mondo dell’autismo da tutti i punti di vista, proprio con l’obiettivo di offrire numerosi spunti a quel cambio di paradigma che ‘Famiglie unite per l’autismo’ considera necessario e non più rimandabile. Molto importanti vengono considerati i punti dedicati al ‘Progetto di vita personalizzato‘ e alla presa in carico delle famiglie e dei caregiver familiari delle persone con autismo. Il progetto di vita può prendere l’avvio già all’indomani della diagnosi di autismo ed essere improntato, inizialmente, all’aspetto educativo e formativo. Raggiunti i 18 anni, invece, considera l’aspetto lavorativo e quello abitativo. “Tutti insieme, la persona autistica o con altre disabilità, gli assistenti sociali, la Asl, l’equipe di specialisti e la famiglia definiscono gli obiettivi di vita – ribadisce Danila Aloisi – che sono basati sulle competenze della singola persona. Sebbene previsto a livello normativo, il progetto di vita è molto difficile da realizzare in Italia”.

Sul fronte dei caregiver familiari, Mazzoni tiene a ricordare che spesso “fanno da ammortizzatori sociali, andando a sostituirsi a tutti quei servizi mancanti che le istituzioni non erogano. Tra l’altro – aggiunge – siamo l’unica nazione europea a non avere una legge sui caregiver“. Rincara la dose Aloisi: “Il sostegno psicologico occorrerebbe non solo ai genitori, ma anche ai fratelli dei bambini autistici che si trovano a vivere in una famiglia in cui ci sono molte difficoltà e differenze, devono imparare a vivere in quei contesti e spesso a farsi un po’ da parte”.

“Il benessere della persona, anche quella con autismo – sottolineano con forza le rappresentanti di ‘Famiglie unite per l’autismo’ – deve essere a 360 gradi e la persona deve essere al centro della propria vita, decidere cosa sia meglio per sé. E se non può deciderlo autonomamente, perché non è in grado di autodeterminarsi, deve farlo la famiglia”. Perché ciò accada, “è necessario che le persone autistiche abbiano le stesse opportunità della popolazione neurotipica per quanto riguarda l’istruzione, il lavoro, l’abitare. È necessario – concludono Mazzoni e Aloisi – che le famiglie siano sostenute per poter crescere al meglio i loro figli”.

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