“Dati allarmanti. Puntare ad una maggiore attrattività, investendo in personale amministrativo di supporto e approvando legge per equiparare la formazione dei medici di medicina generale alla specializzazione universitaria”. La denuncia arriva dal Veneto, dove la carenza di medici di famiglia sta diventato un problema davvero drammatico specie se a rimanere orfani sono interi paesi con residenti anziani. Persone fragili e bisognose di assistenza, pensionati che spesso fanno fatica a muoversi ed avrebbero bisogno di punti di riferimento a due passi da loro. E la situazione si fa sempre più preoccupante.

“I dati diffusi da Gimbe sull’abbandono del 40% dei corsisti a Medicina Generale sono allarmanti. Lo sono perché fanno capire quanto sia in salita la strada per colmare le carenze croniche de li medici di famiglia. E rivelano come l’attività soffra in modo cronico di attrattiva”. Dice la consigliera regionale e vice presidente della Commissione Sanità, Anna Maria Bigon.
“Si può rendere più appetibile questo ruolo rafforzando innanzitutto il fronte del personale amministrativo che funge da supporto ai medici, costretti a sobbarcarsi una mole di lavoro burocratico che zavorra il loro compito in maniera inaccettabile. Contemporaneamente bisogna portare avanti la proposta di legge che ho presentato per equiparare la formazione dei medici di medicina generale alla specializzazione universitaria”.
“Vogliamo infatti che la formazione regionale diventi una specializzazione universitaria con borse equiparate con uguale importo e che la formazione di quattro anni sia fatta in parte anche da medici medici di medicina generale con esperienza, oltre che da docenti universitari. Con questo progetto di legge – conclude Bigon – si vuole intervenire inserendo in modo strutturato questi corsi nell’ambito dell’Università, con l’istituzione in ogni Ateneo del Dipartimento integrato Università – Servizio sanitario regionale”
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