“La squadra vincente è infermiere-medico di famiglia – ha sottolineato Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche intervenuto alla presentazione –. L’analisi Crea-Fimmg lo mette in evidenza e questo dato deve guidare le scelte del nuovo ministro Roberto Speranza e della Conferenza delle Regioni a partire dal nuovo Patto per la salute. I presupposti ci sono per avviare un confronto fattivo con i medici di medicina generale. Ciò che va scongiurato è il rischio di interventi regionali e territoriali lontani dai bisogni e frammentati, per avere una politica unitaria e sistemica sull’aderenza alle terapie e la gestione della cronicità coerenti con il nuovo quadro epidemiologico emergente. Con la micro-équipe infermiere-Mmg sul territorio parte davvero il Piano nazionale della cronicità ancora inattuato in alcune Regioni”.

“E’ l’infermiere – aggiunge – che accompagna il paziente durante tutto l’arco dei suoi bisogni sanitari, 24 ore su 24, non solo in ospedale, ma anche sul territorio, seppure in questo caso le lacune del servizio pubblico sono ancora notevoli nonostante la buona volontà dei piani come quello delle cronicità o per l’ospedale di comunità. E il riconoscimento della sua funzione da parte dei Mmg rende evidente anche l’importanza che devono assumere le micro-équipe infermiere di famiglia-Mmg. L’infermiere di famiglia porta il Servizio sanitario nazionale dentro le case delle persone, individuando e prendendo in carico in modo proattivo i bisogni della popolazione e sostenendo le famiglie”.

“Ovviamente tra i suoi compiti rientrano tutte le attività infermieristiche: coordina e integra gli interventi – spiega ancora Aceti -, fa sì che non ci sia una frammentazione del percorso che purtroppo caratterizza il Ssn. Oggi – prosegue – il paziente corre dietro ai professionisti e ai servizi; in questo caso, invece, sono gli infermieri ad andare incontro al paziente, senza aspettare che esprima un problema ma estrapolandolo e offrendogli soluzioni pratiche”.

“Credo – sottolinea ancora Aceti – che quello dell’infermiere di famiglia sia un bellissimo modello di iniziativa di sanità, e non di sanità di attesa, su cui dovremmo investire sempre di più e il giudizio che emerge dall’analisi sui ruoli che questa figura ha nell’aderenza terapeutica che proprio i medici danno, ne dimostra e conferma tutte le potenzialità”.

La sfida – conclude – è certamente garantire aderenza terapeutica per i pazienti, aderenza dei professionisti alle evidenze scientifiche delle linee guida, aderenza della politica alle evidenze prodotte con queste. Sono fiducioso sul principio dell’aderenza anche perché sarà un indicatore di misurazione dei Lea nel nuovo sistema nazionale di garanzia, che entrerà in vigore solo dal 2020 e questo significa che nessuna azienda ne potrà più fare a meno.”

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