“Il Servizio sanitario nazionale è in emergenza, perchè possiamo dire che i principi fondanti su cui è stato fondato nel 1978, e parlo di universalità, uguaglianza ed equità, oggi sono stati ampiamente traditi e le parole chiave che condizionano la vita quotidiana di tutte le persone sono gli interminabili tempi di attesa, le file lunghissime al Pronto soccorso, la difficoltà, se non l’impossibilità, di trovare un medico di famiglia, un pediatra vicino casa”. Lo ha detto il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ospite di ‘Unomattina’ su Rai1.
“Senza dimenticare- ha concluso- tutti gli aspetti che riguardano l’aumento della spesa privata, che porta spesso a sostenere spese catastrofiche e a impoverire le famiglie, fino alla rinuncia alle cure, passando anche per gli aspetti della migrazione sanitaria, in particolare dal sud verso il nord, che determinano un incremento ulteriore delle spese”.

“Da una nostra analisi sulla mobilità sanitaria risulta che abbiamo un’Italia spaccata in due: quasi 4,3 miliardi di denaro pubblico che scorre dalle regioni meridionali a quelle settentrionali e le regioni meridionali si trovano dunque in grande affanno. Nell’adempimento ai Livelli essenziali delle prestazioni, ovvero quelli che le regioni sono tenute a erogare gratuitamente o dietro pagamento del ticket, solo 14 regioni sono adempienti e, di queste, solo tre, l’Abruzzo, la Puglia e la Basilicata, sono al sud. Dunque, più di metà del Paese non è in grado di esigere nemmeno le prestazioni essenziali”. Ha continuato il presidente del Gimbe.
“È evidente- ha concluso- che l’equilibrio pubblico-privato sia qualcosa di molto delicato, perché quando il pubblico arretra, inevitabilmente il privato avanza: ci vuole una sana politica di integrazione del privato, che non sempre riesce a essere integrativo perché spesso si prende più spazi di quelli che gli spettano e, inevitabilmente, questo fa sì che la pseudo privatizzazione del Servizio sanitario nazionale vada avanti senza che noi ce ne accorgiamo”.

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