Il 25° Congresso Nazionale dell’Anaao Assomed cade nel pieno di una “tempesta perfetta, una crisi senza precedenti del Sistema sanitario Nazionale che la pandemia da Covid ha amplificato e fatto esplodere”. Questo l’allarme lanciato dal sindacato della dirigenza medica che identifica come “detonatore” di questa crisi nelle ultime settimane, il lavoro in Pronto Soccorso caratterizzato “da altissimi livelli di stress psico-fisico per i numerosi turni di notte e nel week-end”. A preoccupare non è però solo il pronto soccorso, condizioni di lavoro simili “si ritrovano in tutti i reparti ospedalieri ed extraospedalieri, un girone dantesco con turni e orari senza limiti, rarefazione delle progressioni di carriera, burocrazia asfissiante, svilimento del ruolo professionale, aumento delle denunce legali e delle aggressioni fisiche e verbali, totale assenza di valorizzazione economica”.
Una black list cui il Pnrr, “accolto come una fortuna provvidenziale, ma privo di progetto per l’ospedale e per suoi medici, non pone rimedio, tutto preso com’è a rimodernare il parco edilizio e tecnologico. Senza contare una guerra ai confini del nostro Paese che rischia di catapultarci in un’economia che rischia di non consentire i necessari investimenti in sanità”, sottolineano dall’Anaao.
Il lavoro dei medici e dirigenti sanitari è schiacciato da numeri impietosi. Questo lo scenario dipinto dal sindacato: “Negli ultimi 15 si è assistito alla chiusura continua di strutture ospedaliere, alla carenza di personale con oltre 50mila figure sanitarie in meno rispetto ai primi anni 2000 e a un taglio di 85mila posti letto a partire dall’inizio del nuovo secolo che ci mette ai margini dell’Europa come numero di posti letto per mille abitanti, palesemente insufficiente per una popolazione in piena transizione demografica come quella italiana. Siamo al si salvi chi può: i giovani si rifiutano di entrare in ospedale e i meno giovani fuggono”.
Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale circa 9.000 camici bianchi per dimissioni volontarie e nello stesso triennio sono andati in pensione circa 4.000 medici specialisti ogni anno per un totale di 12.000 camici bianchi. “Un trend che, se confermato, porterà, tra pensionamenti e licenziamenti, una perdita complessiva di 40.000 medici specialisti entro il 2024”.
Cosa fare dunque di fronte all’attuale situazione? “Serve un intervento strutturale e urgente sull’intero sistema sanitario per arrestare la deriva verso la frammentazione regionalistica e la privatizzazione. Servono investimenti adeguati sulle dotazioni organiche, sia nel Pronto Soccorso che nelle altre Unità operative, anche per consentire l’aumento dei posti letto ordinari, oggi ai livelli più bassi in Europa. Serve mettere in campo tutte le condizioni per restituire appeal al lavoro del medico, riducendo il disagio, aumentando le retribuzioni, garantendo certezza attuativa al contratto di lavoro scommettendo sul capitale professionale. E, come accade in tutta Europa, contrattualizzare nella dipendenza pubblica la formazione medica post laurea”.