Se vi state interrogando su quale sia la domanda alla quale tutti vorrebbero dare risposta, in questo particolare momento storico, essa è fuori di dubbio se, effettivamente, potremo tornare a una quasi normalità o se invece vi saranno recrudescenze di contagio, o, ancor peggio, focolai e nuovi picchi.
Sarebbe auspicabile poter avere certezze e chiare fotografie per il futuro di tutti noi, ma ciò non è possibile. Tuttavia, possiamo utilizzare i dati che il sistema ha raccolto per generare un’informazione, tanto scientifica, quanto divulgativa, che permetta una maggiore presa di coscienza, a tutti i livelli: dai decisori di spesa ai pazienti, dai clinici ai cittadini, dal personale sanitario tutti ai differenti portatori di interessi.
Proprio partendo da queste considerazioni, è evidente come, l’impatto sanitario e clinico, dell’epidemia da COVID-19 abbia generato, all’interno del contesto italiano, una serie di informazioni di sistema: 239.706 soggetti hanno contratto l’infezione, 34.678 sono i deceduti e 103 i posti letto in terapia intensiva che in questo momento vengono occupati ancora da malati COVID-19 (dati aggiornati al 25 giugno 2020).
In tutto questo periodo storico per gestire al meglio l’evoluzione della pandemia, ma soprattutto il decorso clinico della patologia, le strutture hanno dovuto necessariamente rivedere, anche con un impatto molto significativo, i processi di diagnosi e cura, gli spazi, complessivamente intesi, le risorse in essere, quelle necessarie e i relativi scostamenti, con un conseguente ingente investimento della macchina organizzativa ospedaliera, che si è necessariamente tradotto in un investimento economico, destinato alla cura, gestione e risoluzione dell’infezione respiratoria virale.
Tale considerazione risulta essere ancora più rilevante alla luce del fatto che, durante la fase di accelerazione della curva epidemica, fino al picco della stessa, il numero di cittadini che ha necessitato di un accesso ospedaliero e di un ricovero, è cresciuto in maniera esponenziale, ingenerando enormi problematiche organizzative, fino a saturare e quasi a rischiare di sopraffare interi sistemi o servizi sanitari. Quest’ultimo fattore, proprio a prescindere dal modello organizzativo o sanitario adottato nel contesto di riferimento, ha rappresentato e rappresenta tuttora un elemento di grande rilievo per la pianificazione strategica e sanitaria.
A tale proposito, infatti, sicuramente ingenti sono stati gli adeguamenti organizzativi posti in essere per fronteggiare una domanda così elevata, ma il quesito di maggiore rilievo è se sussistano delle evidenze economiche in riferimento al costo di gestione ospedaliera di un paziente COVID-19, assumendo il punto di vista dell’ospedale che lo prende in carico.
A questa specifica domanda ha cercato di rispondere l’HD Healthcare Datascience Lab (HD-LAB) della Università Carlo Cattaneo – LIUC di Castellanza, che, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio e C. Arrigo di Alessandria e In.Ge.San (Associazione Ingegneri Gestionali in Sanità), ha condotto una valutazione pilota sui costi correlati al percorso ospedaliero del paziente affetto da COVID-19, all’interno di un orizzonte temporale tra il 28 febbraio e il 15 aprile 2020.
Nello specifico si è proceduto a delineare l’assorbimento medio complessivo di risorse, i fattori critici di processo e il tempo medio di degenza, sulla base della condizione clinica del paziente e della severità della patologia, aspetti che hanno imposto un’assistenza di bassa intensità di cure (caratterizzata dall’utilizzo di posti letto di area medica, di tipo tradizionale, e dunque dall’assenza di postazioni in grado di gestire pazienti che necessitano ventilazione non invasiva), complessità media (nella quale tutte le postazioni sono in grado di gestire pazienti di terapia sub-intensiva con ventilazione non intensiva), o alta intensità di cure e assistenziale (all’interno della quale vengono gestiti pazienti per i quali è necessaria la ventilazione artificiale, a causa delle gravi difficoltà respiratorie che il patogeno può innescare).
Focalizzando l’attenzione sugli investimenti posti in essere dalla struttura ospedaliera, per fronteggiare la problematica sanitaria, è importante ricordare come, le tecnologie a supporto, siano quelle normalmente utilizzate in caso di insorgenza di una polmonite a evoluzione severa, dunque la ventilazione polmonare assistita, oltre al ricorso a nutrizione enterale o parenterale, per la prevenzione di complicanze, nel caso in cui il paziente non sia più in grado di nutrirsi in autonomia.
Non da ultimo, è importante rammentare come, alle attrezzature indispensabili per la corretta e sicura presa in carico del paziente affetto da COVID-19 ospedalizzato, devono essere aggiunti anche gli investimenti correlati ai dispositivi di protezione individuale (DPI), indispensabili per garantire anche la sicurezza dell’attività di tutto il personale sanitario. In quest’ottica, la struttura di riferimento ha dovuto acquistare per le sue Unità Operative, a partire dal mese di Marzo 2020, nuovi DPI (mascherine chirurgiche, mascherine FFP2 o FFP3, camici o grembiuli monouso idrorepellenti, guanti, occhiali di protezione, visiere) per un ammontare di € 47.793 e apparecchiature (soprattutto per quanto riguarda C-PAP, nutri pompe, ventilatori polmonari, etc..) per € 453.375.
Tabella 1 – Costo e incidenza percentuale di DPI e apparecchiature specifiche per degenza paziente COVID-19
In riferimento alla gestione ospedaliera del paziente COVID-19, al netto degli importi economici sopra indicati, sono state approfonditamente indagate le seguenti voci di costo:i) risorse umane coinvolte nel percorsi di assistenza, ii) apparecchiature, attrezzature e DPI utilizzati; iii) prestazioni di laboratorio; iv) prestazioni diagnostiche; v) farmaci somministrati al paziente; vi) servizi di pulizia e pasti, così da comprendere il reale assorbimento di risorse economiche correlato all’attività ospedaliera, in base alla durata complessiva della degenza, e considerando i trasferimenti dei degenti tra le differenti Unità Operative.
Da un punto di vista economico, la Tabella 1 mostra nel dettaglio non solo il costo correlato alla singola giornata di degenza stratificata per intensità di cura, ma anche il costo correlato al complessivo percorso del paziente all’interno della struttura di riferimento.
Tabella 2 – Assorbimento di risorse economiche correlato alla gestione ospedaliera dei pazienti COVID-19
In prima istanza occorre considerare come il costo della singola giornata di degenza all’interno di un’area a bassa intensità di cura/complessità assistenziale sia pari a € 427,77, ad € € 582,38 per media intensità di cura/complessità assistenziale e € 1.278,50 per l’alta intensità di cura/complessità assistenziale.
Da un punto di vista di durata della ospedalizzazione, complessivamente intesa all’interno della struttura ospedaliera, essa risulta essere un parametro dipendente dalla condizione clinica di accesso del paziente o dal successivo trasferimento dello stesso in una area a media o ad alta complessità di cura, i pazienti COVID-19 permangono in ospedale mediamente 19,41 giorni.
Soffermandosi sulle degenze medie caratterizzate da trasferimenti interni tra Unità Operative, che hanno determinato il passaggio da area a bassa intensità di cura/complessità assistenziale ad alta intensità di cura/complessità assistenziale, esse hanno presentato un assorbimento medio di risorse economiche pari a 14.873,48 € (degenza media complessiva: 15,5 giorni).
In riferimento invece alla permanenza del paziente all’interno di un reparto a bassa intensità di cura/complessità assistenziale e di un reparto a mediaintensità di cura/complessità assistenziale (terapia sub-intensiva), si riscontra un assorbimento medio di risorse economiche pari a 9.157,00 € (degenza media complessiva: 17,45 giorni).
Infine, ingente è il valore economico correlato a una ospedalizzazione spesa tra la terapia sub-intensiva e la terapia intensiva, che risulta essere pari a 22.210,47 €, con una degenza media complessiva di 23,21 giorni.
I risultati preliminari di questa analisi, che sarebbe rilevante potere estendere anche in altre strutture ospedaliere, dimostrano, secondo ipotesi iniziale, come l’assorbimento di risorse cresca al crescere della complessità assistenziale dell’area di degenza nella quale è ospedalizzato il paziente, con un rapporto proporzionale diretto tra il costo per giornata di degenza, l’intensità di cura, e il numero medio di giornate di degenza all’interno dell’Unità Operativa di riferimento.
Tale informazione risulta essere un elemento fondamentale che può porre le basi, sotto un profilo di policy making e pianificazione sanitaria, per un confronto tra prassi ospedaliere e tariffazioni di riferimento per le attività sanitarie condotte.
Caterina Bianciardi1, Annalisa Roveta1, Antonio Maconi1, Noemi Virto1, Angelica Bollano1, Sara Barooty1, Roberta Volpini1, Giacomo Centini1, Daniela Kozel1, Lucrezia Ferrario2, Fabrizio Schettini2, Emanuela Foglia2, Emanuele Porazzi2
1 Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio e C. Arrigo, Alessandria, Italia
2 Healthcare Datascience Lab, Centro sull’Economia e il Management nella Sanità e nel Sociale, LIUC Business School, LIUC-Università Cattaneo, Castellanza, Italia